L’Italia, lavorando su energie rinnovabili ed efficienza energetica, potrebbe essere il second Paese europeo, a seguito della Francia, per autonomia energetica. La valorizzazione dell’energia prodotta da acqua, vento, sole e rifiuti permetterebbe quasi di triplicare l’autonomia energetica italiana, passando da un 22,5% a un 58,4%.

Abbiamo fatto uno studio insieme ad Ambrosetti per capire il potenziale dell’autonomia energetica italiana, considerando le fonti autoctone come acqua, sole, vento e un po’ di geotermia, ma anche i rifiuti e la produzione di biometano da scarti dell’agricoltura e della zootecnia.

Il biometano ha un potenziale di 6,3 mld di metri cubi, cioè il 20% di ciò che importavamo dalla Russia.

Renato Mazzoncini, Ceo e General Manager di A2A

A metà settembre, dopo il via libera della Commissione Europea, il Mite ha firmato il Decreto biometano, che mette in atto quanto previsto dal PNRR e permettere di realizzare nuovi impianti e la riconversione di quelli di biogas agricolo già esistenti. L’adozione del decreto permetterà l’avvio delle prime procedure entro la fine di quest’anno.

Entro il 2026, come ricorda il Consorzio Italiano Biogas (CIB), l’Italia potrà raggiungere l’obiettivo di 4 miliardi di metri cubi di biometano, permettendo, così, di ridurre l’uso dei gas a effetto serra di oltre l’80%. Già tra il 2020 e il 2021 il numero di impianti è passato da 15 a 26.

Secondo il modello sviluppato da The European House – Ambrosetti, si può arrivare a produre fino a 6,3 miliardi di metri cubi di biometano, l’8% del consumo nazionale di gas e il 22% di quello che viene importato dalla Russia.