Pesticidi: mettono a rischio i reperti archeologici ancora sepolti

I moderni pesticidi che contaminano il terreno possono mettere a rischio i reperti archeologici che si trovano ancora sepolti. Questa affermazione è dimostrata dal fatto che nel 2016 è stata ritrovata una ciotola di epoca romana nella quale, in seguito a delle analisi, sono state ritrovate tracce di repellenti per insetti e pesticidi che hanno causato un aumento della corrosione.

Le tracce presenti sul metallo sono state analizzate da un gruppo di ricerca dell’Università di Oxford, i risultati di questi sono stati poi pubblicati sulla rivista Scientific Reports. Il reperto, datato tra il 43 e il 410 d.C., è stato rinvenuto in una fattoria del Kent, nel Regno Unito, ed è realizzato in una lega di rame.

Luciana da Costa Carvalho e il suo team di ricercatori hanno ritrovato tracce di clorobenzene nelle parti corrose del manufatto. Questo composto chimico veniva usato per produrre pesticidi come il DDT, ma è ancora usato nella produzione di erbicidi, vernici e adesivi nonostante sia riconosciuto come pericoloso e nocivo per l’ambiente  e cancerogeno per gli animali. Motivo per cui nel Regno Unito il suo uso è stato proibito.

Inoltre, sono state trovate tracce anche di Deet (dietiltoluammide) molto usata nei repellenti antizanzara in commercio. Secondo gli studiosi, la corrosione del manufatto è legata alla presenza di questi composti, il clorobenzene in particolare. benché questi composti sono banditi da tempo il terreno inquinato può essere un problema per i manufatti non ancora ritrovati.