TSMC presenta il conto (molto più salato) ed Apple prima tentenna e poi si adegua. In ballo c’erano i chip a 3nm del produttore di Taiwan, che ha recentemente comunicato ad Apple di aver aumentato il suo listino prezzi. In media si parla del 6% in più, un aumento che all’ingrosso fa (eccome) la differenza.

Sembrava che Apple avesse fatto spallucce, minacciando di affidarsi alla concorrenza per le sue forniture multi-milionarie. Ma era ovviamente un bluff: il potere negoziale era tutto nelle mani di TSMC. Secondo l’Economic Daily News, quotidiano della Cina nazionalista, Apple alla fine avrebbe rinnovato la sua partner con TSMC, senza avanzare grosse condizioni. Le due aziende non hanno ancora dato l’annuncio, si tratterebbe, dunque, di indiscrezioni della stampa.

Si prospetta un salasso, che potrebbe incidere sul prezzo finale dei prossimi prodotti della Apple. I wafer (come si chiamano in gergo le foglie di silicio) per chip da 8 pollici vedono un aumento dei costi del 6%, mentre quelle da 12 pollici aumentano – a seconda del tipo – con una forbice compresa tra il 3 e il 5%.

Poteva andare peggio: secondo l’EDN, TSMC inizialmente avrebbe valutato di proporre ai suoi clienti aumenti fino al 9%, salvo decidere, in ultima istanza, di non scaricare completamente sui partner i rincari. Dallo scoppio della pandemia, i costi di produzione dei chip sono aumentati di oltre il 20%. Non è la prima volta che TSMC si trova costretta a dare brutte notizie ai suoi clienti. Chiaramente, il consumatore finale non è immune: questi rincari si tradurranno, presto o tardi, in un aumento generale dei prezzi dei prodotti di elettronica.