Dal 13 settembre è arrivato in libreria e online California, il nuovo libro di Francesco Costa che racconta il percorso dello Stato più prospero degli Stati Uniti, almeno fino ad un po’ di tempo fa. Tra un’urbanistica che ha creato nei decenni uno stallo sull’edificazione delle case, un costo della vita in continua crescita, ed una crisi ambientale che sta impattando in maniera molto forte, la California di oggi sembra ben diversa da quella che ha incarnato per tanto tempo il sogno americano. Abbiamo approfittato dell’uscita di California per fare un’intervista a Francesco Costa, che ci ha raccontato un po’ di ciò che sta accadendo nello Stato americano, negli Stati Uniti in generale, e dell’impatto che questo modello sociale ed economico potrebbe avere anche sull’Europa ed in Italia.

Ecco il report della nostra intervista a Francesco Costa, vice direttore de Il Post, e grande esperto di Stati Uniti. Ricordiamo che California è edito da Mondadori, ed è acquistabile al prezzo di 18,50 euro.

 

 

A leggere il tuo libro sembra come se la California e gli Stati Uniti siano l’emblema del fallimento di una società intera ed in particolare del modello capitalista. Pensi che sia così?

In realtà non credo, Gli Stati Uniti continuano ad essere la più grande potenza economica militare, culturale e scientifica. C’è la minaccia della Cina, ma si tratta di una nazione che ha fallito con i vaccini e nella lotta al Covid, che ha un economia che va piano come mai da vent’anni a questa parte. Gli Stati Uniti soffrono la ferocia del suo modello, che ora sta portando meno benefici rispetto al passato, però gli USA non vivono una crisi profonda, ci sono cose che non vanno, ma a livello globale non vorrebbero fare a cambio con Cina ed Europa.

Esiste un luogo nel mondo, che non siano gli Stati Uniti, che sta subendo lo stesso destino della California?

La California è unica come Stato ed economia. Ci sono problemi comuni con altre aree di grande sviluppo. La domanda di case che supera di molto l’offerta è presente anche dalle nostre parti, e ci sono città europee come italiane, ad esempio le nostre Milano e Bologna, ma anche Parigi e Berlino, che soffrono proprio di questo problema. Le motivazioni e le soluzioni sono diverse luogo per luogo. In California c’è una gentrificazione su una superficie di 40 milioni di abitanti, e questo sta accadendo anche in Europa.

Siccità, crisi climatica, incremento dello smart-working, sono tutti elementi che potrebbero portare ad un progressivo spopolamento delle grandi città. Pensi che si potrebbe arrivare fino a questo punto?

Oggi vivere in una città non è essenziale per lavorare in certi settori. Vivere in città comporta però una dimensione sociale e culturale difficile da trovare altrove, proprio per la densità abitativa di questi luoghi. Le città a causa dei grandi aumenti dei prezzi delle case stanno soffrendo, ed un esempio di tutto ciò è Milano, anche per l’inquinamento dell’aria. Ma prima di capire se questa è una tendenza o un momento ci vorrà un po’. In California questa situazione di prezzi altissimi va avanti da decenni per scelte politiche deliberate, c’è una questione di come si sono volute fare le città che influisce molto.

Gli Stati Uniti sembrano vivere un momento di stallo, o addirittura di decadenza. Credi che potranno risollevarsi in qualche maniera?

L’economia americana va fortissimo, e la Cina ha delle fondamenta economiche ben più precarie. Lo stallo americano ha a che fare con le grandi diseguaglianze del Paese, nate dopo la crisi del 2008. C’è una crisi d’identità ed un crisi degli USA rispetto a ciò che sta fuori dai loro confini. Molti americani credono che gli Stati Uniti debbano occuparsi meno di Estero, e questo ha portato una perdita d’influenza e di egemonia. Ma a livello economico, di sviluppo e di tecnologia gli Stati Uniti continuano ad essere dominanti. E così succede anche nelle arti.

La situazione attuale della California passa anche per il tema ambientale. Come vedi la sfida della crisi climatica: si riuscirà a trovare un accordo globale, o prevarranno i nazionalismi?

Servirebbe la palla di vetro. Ad oggi l’Europa e gli Stati Uniti stanno abbassando le emissioni, mentre Cina e India le stanno aumentando. USA ed Europa sono stati dominanti sotto questo punto di vista nel Novecento, un accordo passerebbe da una compensazione nei confronti dei Paesi in via di sviluppo. Ci vorrebbero degli incentivi. L’Occidente ha inquinato a lungo, ma non ci si può più permettere di inquinare, servirebbe quindi un accordo.

Hai una scrittura molto caratterizzante, la tua voce narrativa si sente ed è evocativa. Quali sono i tuoi scrittori e comunicatori di riferimento?

Cerco di scrivere in maniera semplice, e raccontare le cose in maniera narrativamente efficace ma mettendo al centro i fatti, perché sono un giornalista. I miei punti di riferimento vengono dal new journalism americano. Posso citare Tom Wolfe, Joan Didion, che hanno raccontato la realtà in maniera letterariamente efficace. Per quanto riguarda l’Italia il riferimento potrebbe essere Oriana Fallaci, che è stata impareggiabile, ed ha perciò uno stile difficile da imitare.

Hai già in mente un tema d’interesse per un prossimo libro?

Ad oggi non ho in mente nulla. Fare la ricerca ed il lavoro necessari sono operazioni faticose, facendo anche altri lavori, ed ora sono molto impegnato a parlare di California. Fino alle fine dell’anno mi dedicherà a questo progetto, e dal 2023 penserò anche ad altro.