Quello del disboscamento delle foreste pluviali rappresenta un problema non da poco per l’equilibrio degli ecosistemi. Tra le principali motivazioni di questo fenomeno troviamo anche l’industria mineraria il cui impatto ambientale è stato stimato grazie a un recente studio.
Una sempre più crescente domanda di minerali (come nichel, stagno, oro e ferro) sta causando una devastazione sempre maggiore ai danni di foreste pluviali come l’Amazzonia. Secondo uno studio pubblicato sulla rivista Proceeding of the National Academy of Sciences (PNAS) tra il 2000 e il 2019 l’industria estrattiva ha raso al suolo almeno 3.264 km2 di superficie forestale.
Questo studio ha considerato tutte le miniere industriali distribuite in 26 paesi, calcolando che l’80% della deforestazione causata dalle miniere è concentrata in Indonesia, Brasile, Ghana e Suriname.
Tra gli impatti che ha questo fenomeno si ritrova anche quello che coinvolge l’equilibrio degli ecosistemi e la biodiversità. Secondo una ricerca condotta dall’Amazonian Network of Georeferenced Socio-environmental Information insieme alle popolazioni indigene del Coica parte dell’Amazzonia potrebbe ormai essere irrecuperabile. Ma resta il fatto che l’agricoltura resta il settore più dannoso per le foreste pluviali, seguita dall’industria mineraria.
I nostri risultati illustrano impatti significativi, ma distribuiti in modo non uniforme e spesso non gestiti, su questi ecosistemi ricchi di biodiversità. Le valutazioni d’impatto e i piani di mitigazione delle attività minerarie industriali devono considerare gli impatti diretti e indiretti per supportare la conservazione delle foreste tropicali del mondo.
Quanto scrivono gli autori dello studio