Smartphone e PC al giorno d’oggi sono dispositivi diventati essenziali e molto usati nella quotidianità: ci servono per lavorare, per informarci o per anche per svago. Usare eccessivamente questi dispositivi può portare a problemi di obesità, disturbi del sonno e dell’umore. Recentemente, uno studio americano ha evidenziato come l’uso prolungato di cellulari e computer, esponendo per un tempo prolungato alla luce blu le persone, potrebbe alterare il metabolismo cellulare a punto da rendere più rapido il processo di invecchiamento.
I dati su cui si basa lo studio sono stati ottenuti su drosofile, anche conosciuti come moscerini della frutta, e non su esseri umani. Le drosofile, per quanto abbiano un organismo estremamente diverso dal nostro, sono comunque un modello molto usato nella ricerca degli effetti fisiologici causati da abitudini e sostanze chimiche potenzialmente pericolose.
I moscerini sono stati esposti per due settimane a una luce blu ad alta intensità per poi confrontare i metaboliti presenti nella loro testa con quelli di un gruppo di controllo di drosofile tenuto al buio.
Nel gruppo esposto alla luce blu si è evidenziata una quantità maggiore di succinato rispetto al gruppo di controllo. Questa molecola è responsabile della crescita delle cellule. Sono stati trovati però anche bassi livelli di molecole fondamentali per la comunicazione tra i neuroni quali il glutammato. Questa situazione potrebbe portare a una morte prematura delle cellule e un conseguente invecchiamento precoce.
Un’esposizione eccessiva alla luce blu emessa da televisioni, computer portatili e smartophone potrebbe avere effetti deleteri su una vasta gamma di cellule presenti nel nostro corpo, da quelle della pelle a quelle del grasso, passando anche per i neuroni sensoriali del cervello.
Con il nostro studio abbiamo rivelato infatti, per la prima volta, un’alterazione dei livelli di specifici metaboliti – sostanze chimiche essenziali per il corretto funzionamento delle cellule – nei moscerini della frutta che vengono esposti alla luce blu.
Jadwiga Giebultowicz, biologo dell’Università dell’Oregon e coordinatore dello studio