Il viaggio nello spazio può lasciare il segno, non tanto perché si tratta di un’avventura magnifica e che lascia un segno indelebile a livello mentale, quanto un vero e proprio segno nell’organismo umano, seppure invisibile a occhio nudo.
Un gruppo di ricerca della Icahn School of Medicine del Monte Sinai ha scoperto che 14 astronauti che, tra il 1998 e il 2001, hanno volato durante le missioni dello Space Shuttle presentano tutti una stessa mutazione genetica.
Tutti gli astronauti presentano un fenomeno chiamato ematopoiesi clonale, ovvero una situazione in cui un’elevata quantità di cellule del sangue provengono da una stessa cellula madre.
Secondo lo studio, queste modificazioni possono essere causate dall’esposizione alla radiazione ultravioletta o da altre forme di radiazione a cui si viene esposti al di fuori dell’atmosfera terrestre. La ricerca ha coinvolto 14 astronauti di cui 2 donne, con un’età media di 42 anni. Di solito questo tipo di mutazioni è frequente in pazienti sottoposti a radioterapia o chemioterapia, ma può avvenire spontaneamente anche in persone di età avanzata.
Questa mutazione però non sembra essere una grande minaccia per la salute a lungo termine degli astronauti. Resta però importante eseguire degli screening regolari per tenere sotto controllo lo stato di salute di coloro che affrontano lunghi viaggi nello spazio, in particolare per monitorare eventuali modificazioni del DNA.
Lo scorso anno la NASA ha proposto delle modifiche ai parametri di esposizione alle radiazioni considerati sicuri, in modo da tutelare di più la salute degli astronauti.