I banshee sono delle creature leggendarie appartenenti alla tradizione folkloristica irlandese, per essere più precisi sono degli spiriti femminili legati a delle specifiche famiglie (o a delle comunità, perché no?) che hanno la cattiva abitudine di palesarsi solo nel momento in cui coloro che le vedono sono prossimi alla morte. Magari è anche per questo che non sono proprio ricordate come delle figure particolarmente benigne. In Nord America le storie su di loro vennero portate dagli irlandesi emigrati e divennero celebri soprattutto quando legate alla guerra di secessione. Quest’ultimo spunto tenetelo a mente, è un dettaglio interessante, per chi ha di questi feticismi.

Perché questa introduzione su un mito gaelico? Ma perché come prima cosa della recensione de Gli spiriti dell’isola, il nuovo, splendido, lungometraggio di Martin McDonagh in concorso a Venezia79, è corretto sapere che per il regista di origini irlandesi la pellicola costituisce una riappropriazione della propria tradizione culturale, oltre che la possibilità di poter riunire due vecchi amici con cui collaborò per il suo primo lungometraggio. Senza contare che finalmente può concludere una trilogia iniziata a teatro ormai più di 20 anni fa.

Qual era il titolo dell’ultimo capitolo? Ah, lo stesso in originale del film, The Banshees of Inisherin.

Ora capite il motivo dell’introduzione.

I due amichetti di lunga data di cui sopra sono Colin Farrell e Brendan Gleeson, protagonisti de In Bruges – La Coscienza dell’assassino, accanto a loro il cast si compone di interpreti 100% irish, capeggiati dai bravissimi Kerry Condon e Barry Kheogan.

Gli spiriti dell’isola arriva nelle sale italiane il 2 febbraio 2023.

“Ieri andava tutto bene”

Padraic (Farrell) è l’uomo più gentile dell’isola di Inisherin, tutti lo sanno e tutti sanno che lui ne va molto fiero. Non sarà un abile oratore né tanto meno un fine psicologo, ma di certo nessuno può rimproveragli di non avere un animo buono e amabile.

Lo dice sempre anche sua sorella Siobhan (Condon), con cui l’uomo vive. Dopotutto a lei è riservato il ruolo di essere quella intelligente della famiglia e non è che Padraic la invidi più di tanto per questo se volete proprio saperlo. A lui va bene passare il tempo lavorando, passeggiando per le verdi coste di casa sua, magari con la sua fidata Jenny, la somaretta domestica, quando non si imbatte in Dominic (Keoghan), lo scemo del villaggio, oppure andare al pub di Jonjo.

Oltre alla sorella nel suo cuore c’è posto solo per un’altra persona.

Colin Farrell

Ora, provate a pensare a come potrebbe reagire un uomo così affabile come lui, che addirittura si fa un vanto di ciò, di fronte al fatto essere, improvvisamente, rifiutato e scacciato da qualcuno. Male quanto meno. E se a farlo dovesse essere proprio l’unica altra persona a cui tiene a questo mondo?

È esattamente quello che capita a Padraic, il quale, in un primo pomeriggio, al solito locale, davanti ad una pinta, viene allontanato malamente da Colm (Gleeson), il suo migliore amico, il suo amico fraterno. Abile oratore, fine pensatore, ottimo compositore oltre che violinista. La scusa è che lo trova noioso, si è stufato ormai di lui e che non vuole più averci nulla a che fare.

Quello che però ignorano entrambi è che anche la rottura di un rapporto ti lega, forse anche di più di quando si è coscientemente vicini e che il dolore può portare a fare cose ben oltre l’immaginabile.

Black comedy a tinte verdi

Di ritorno dall’incetta di premi Oscar con Tre manifesti a Ebbing, Missouri, McDonagh decide di guardarsi indietro, provando a fondere, tramite la sua scrittura, una commedia nera, caustica e iperbolica co un racconto che possa comunque dire di appartenere alla tradizione irlandese.

Dal film con la McDormand, l’autore londinese porta però con sé diverse cose.

La prima e la più importante è che tutto gira intorno alle parole.

Da loro passa qualsiasi fortuna o sfortuna, ogni atto di amore o violenza, ogni sensazione, insicurezza ed evoluzione. In più stavolta c’è una regia che “recupera” un attaccamento importante per i luoghi in cui la vicenda si svolge, riuscendo a restituire allo spettatore quel senso misto di bellezza, serenità e mistero, che è tipico dei panorami irlandesi.

Kerry Condon

Anche qui ritorna l’idea del microcosmo come metafora del mondo, questa volta restringendo ulteriormente il campo fino ad isolarla nel rapporto dei due protagonisti, che nel momento della rottura improvvisa si trovano, per motivi opposti, intrappolati in un circolo vizioso che li porta a snaturarsi in una escalation sia distruttiva che auto. Separati, irrimediabilmente, da due affinità oserei dire spirituali, praticamente contrarie.

L’elaborazione di un lutto vissuta in opposizione, talmente potente da generare un altro tipo di relazione. La forza delle ambivalenze, forse.

Intorno a loro prendono forma le vite degli abitanti dell’isola, chi più chi meno coinvolto dall’alterazione di quello che sembra essere a tutti gli effetti il punto fondamentale di equilibrio della comunità. C’è chi capisce l’assurdità del conflitto, sopportando con pazienza finché può, chi rischia di diventarne vittima e chi ne potrebbe addirittura predire l’esito. Magari non sarà bella come gli spiriti della leggenda, ma quando mai McDonagh non si è divertito a ribaltare e destrutturare le figure tradizionali.

Lo fa, in questo caso, anche nei rapporti di potere all’interno della coppia litigiosa, divertendosi a giocare con il grottesco e a umiliare la concezione stessa della rincorsa ad essere il maschio alpha, ovviamente per mano di un altro personaggio femminile perfettamente scritto.

La prova del cast è magnifica.

Colin Farrell ne esce benissimo, nonostante qualche clooneyata che accusa di tanto in tanto, mentre Gleeson, discepolo della vanità, è odioso e amabile allo stesso tempo, volubile e infido come il mare, direbbe qualcuno. La chimica tra loro non è mai in discussione.

Continua a sorprendere invece Barry Keoghan, che ritorna a lavorare con Farrell, mostrandosi perfettamente in grado di duettare senza sfigurare, ed è invece una bella rivelazione Kerry Condon, in un ruolo complesso e importantissimo nell’economia della pellicola.

In guerra per amore

McDonagh confeziona un film intelligente, delicato, tanto ironico e divertente quanto improvvisamente drammatico e toccante, come lui e pochi altri sanno fare adesso nel circuito cinema da cartello.

Recupera molto del passo teatrale, riuscendo a fondere molto bene una narrazione più mainstream con una più culturalmente esclusiva, come può essere quella legata al folklore.

Colin Farrell e Barry Keoghan

Una sperimentazione ulteriore per un autore che ha fatto le sue fortune con la capacità di cambiare il registro delle sue pellicole e di riuscire a parlare sempre in maniera chiara e diretta al suo pubblico, senza  rinunciare mai alle sue divertentissime, ciniche iperboli.

Gli spiriti dell’isola è ambientato in un lembo di terra verde molto piccolo così vicino all’Irlanda che gli abitanti possono vedere e udire gli spari di una guerra fratricida in cui gli aggressori e gli aggrediti si confondono. Eco del conflitto, altrettanto sanguinoso, tra le due anime degli ex amici, opposte, ma simbiotiche. Legate ad un destino che non permetterà mai a nessuno di loro di andarsene, chiusi in un amore reciproco che non può sopportare di uscire da quel lembo di terra molto piccolo. E verde.

Gli spiriti dell’isola arriva nelle sale italiane il 2 febbraio 2023

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80
Gli spiriti dell'isola
Recensione di Jacopo Fioretti

La recensione de Gli spiriti dell'isola, l'ultima pellicola di Martin McDonagh, presentata in concorso a Venezia79, con protagonista, di nuovo, il duo Colin Farrell e Brendan Gleeson. Una black comedy che intreccia i registri linguistici tipi del cineasta londinese con gli elementi del folklore irlandese, riuscendo brillantemente a sperimentare con teatro e cinema ottenendo un titolo intelligente, delicato, divertente e drammatico. Un'analisi sulla natura dei rapporti e delle ambiguità da cui può nascere un conflitto tra due amici fraterni, eco di un altro, più grande, che si svolge contemporaneamente e coinvolge i fratelli di un intero Paese. Splendido.

ME GUSTA
  • McDonagh riesce a sperimentare miscelando cinema e teatro, contemporaneo e tradizione.
  • La regia e la fotografia restituiscono un Irlanda straordinaria per bellezza e mistero.
  • La prova del cast è fantastica.
  • Un'altra prova di sceneggiatura ineccepibile, in cui si riescono a mischiare torni e registri con una efficacia e una coerenza meravigliosa.
FAIL
  • Il film passa tutto per l'uso delle parole, quindi può non attrarre un certo tipo di pubblico.
  • La componente folkloristica può allontanare chi non è a conoscenza o attratto.
  • Il film è estremo nel suo grottesco, provocatorio e caustico, può non essere per tutti.