La crisi economica e l’aumento dei prezzi incombono giorno dopo giorno. Gli effetti negativi sono tanti e sui settori più disparati, ad esempio, quello della logistica e delle consegne. Gli utenti che comprano online potrebbero dire addio al reso gratuito. I retailer che hanno introdotto una commissione per la restituzione della merce comprata su internet sono sempre più numerosi.
Le cause sono racchiuse su sostenibilità economica e ambientale. Il trasporto e l’imballaggio di beni e oggetti aumentano l’inquinamento della Terra. Da considerare anche la merce che viene rimessa in discarica e non in vendita. Ecco che rinunciando al reso gratuito si può contribuire a un mondo più pulito.
Un altro motivo però riguarda anche il portafoglio. La macchina dei resi ha un costo in tempo e denaro salito davvero tanto con la diffusione del commercio elettronico. La maggior parte dei consumatori comprano più taglie dello stesso capo di abbigliamento e poi decidono solo dopo quali restituire. Altri, invece ordinano sapendo già che dopo li rispediranno al mittente. Il mercato online poi con l’avvento della pandemia Covid, allora ha complicato ancor più la situazione.
Il reso consiste nella restituzione di un prodotto o di un servizio alla persona o all’azienda che lo ha fornito o venduto. Il vantaggio di chi acquista è rispedire al mittente la merce dopo aver sottoscritto il contratto di acquisto. I motivi possono essere vari: danneggiamento, non conformità o solo perché è diverso da come appariva nella foto o in pubblicità. Il reso permette di esercitare il diritto al ripensamento e al recesso, quando soprattutto si fanno acquisti online. Ad oggi molte imprese hanno sposato la politica del reso gratuito permettendo agli utenti di restituire beni e servizi senza costi aggiuntivi.
- Reso gratuito addio: cambia tutto anche per gli acquisti (quifinanza.it)