Gli Anelli del Potere: l’analisi delle prime due puntate

Gli Anelli del Potere la serie tv più costosa della storia, ispirata alle opere di Tolkien, è finalmente disponibile su Amazon Prime Video. Analizziamo il lavoro dei registi e degli showrunners in questa operazione cinematografica mai vista prima.

Nel principio Eru, l’Uno, che nella lingua elfica è detto Ilúvatar, creò gli Ainur dalla propria mente; e gli Ainur intonarono una Grande Musica al suo cospetto

La creazione di Arda e di tutto l’Universo tolkieniano è uno dei capitoli più affascinanti de Il Silmarillion, dove tutto ha inizio, ancor prima degli anelli e di Sauron. Ecco perché la serie Tv “The Rings of Power” ha questo grande fardello, quasi quanto l’unico Anello, ha l’ambizione di raccontare il passato di tanti personaggi, già amati grazie a Peter Jackson, in un high-fantasy che potrebbe fare la storia dell’intrattenimento seriale. Anche al solo pensiero di mettere in scena gli avvenimenti prima de Lo Hobbit e Il Signore degli Anelli è una sfida, ma se ci troviamo qua a recensire i primi due episodi vuol dire che il sogno utopico di molti si è concretizzato in realtà.

ALLERTA SPOILER
In questo approfondimento parleremo ampiamente dei primi due episodi citando scene e personaggi, quindi per coloro che non hanno visto ancora le puntate rimandiamo la lettura a post visione.

Ricordate quale fu l’ultima parola e battuta di Samvise Gangee al rientro nella Contea dopo aver accompagnato Frodo ai Porti Grigi? Disse “Sono tornato” e la primissima sensazione è proprio quella di essere tornati in una terra a noi molto familiare, si può esser tolkieniani convinti o meno, si può aver solo visto la trasposizione cinematografica senza aver letto Tolkien o no, ma i paesaggi già mostrati, i personaggi, le atmosfere e anche movimenti di camera sembrano usciti innanzitutto dalla stessa mano, omaggiando Peter Jackson in più situazioni, ma la cosa che più mi ha entusiasmato è il rispetto per la grande opera scritta dal professore di Oxford.

Sì perché in questi ultimi mesi i grandi dibattiti, che non smetteranno mai di cessare probabilmente, è tra quella parte di fandom che imperterrita continua la battaglia del “non canonico” e i tolkieniani più moderati che riconoscono i cambiamenti senza crocifiggere nessun showrunner di turno. Sia chiaro, non vuol dire bersi ogni stravolgimento o cambio di tono, ma semplicemente godersi lo show, criticandolo magari per la storia, la messa in scena o altro senza andare a fare il pelo nell’uovo anche perché la serie Tv parla chiaro: “ispirata ai testi di Tolkien” senza nessun libro in particolare. Le storie sono figlie dei nostri tempi, da sempre, quindi nel 2022 introdurre interpreti di diverse etnie, in una storia di per sé fantasy, un genere che difficilmente segue strettamente le regole del mondo umano, è una scelta logica e comprensibile. L’importante è che tutto sia realizzato al meglio (e lo è) e che rispetti l’idea di base del proprio autore di riferimento senza tradirlo, perché no cambiare il colore dei capelli di Elrond non è un tradimento. E J.D. Payne e Patrick McKay, che lavorano insieme da più di 25 anni (da quando scrivevano fan fiction guarda un po’ proprio su Il Signore degli Anelli al liceo), questo lo hanno fatto con una cura totale con il benestare, del loro lavoro, da parte della Tolkien Estate e Tolkien Trust, che si sono assicurate che tutto fosse plausibile.

Queste due prime puntate sono un ponte tra le opere di Tolkien e la cinematografia di Jackson, facendo da collante sulle situazioni lasciate libere dallo stesso scrittore, mantenendo sempre il senso e il cuore del professore di Oxford.

Il vero punto focale è l’approccio a questa serie, con quali occhi verrà vista, perché probabilmente gli haters e detrattori non cambieranno idea, paladini del loro purismo tolkieniano, ma dobbiamo essere sinceri e assicurare che questa è un’opera con alle spalle un lavoro filologico enorme, che ha riempito i vuoti (o unito i puntini, come preferite) lasciati da Tolkien nelle Appendici de Il Signore degli Anelli e in moltissimi passi della History of Middle Earth. La seconda Era, raccontata ampiamente ne Il Silmarillion, è il periodo più complesso dell’opera tolkieniana, in alcuni casi si tratta di una serie di eventi solo suggeriti, accadimenti accennati e costruire una serie tv proprio in questa Era è stata la prova più difficile da parte degli showrunners, prova che almeno per queste prime due puntate ci sentiamo di promuovere a pieni voti.

Dal prologo della Prima Era fino alla geografia della Terra di Mezzo.

Nella prima puntata c’è un riassunto, gestito con enorme intelligenza, in stile “Il Signore degli Anelli” di Peter Jackson, dove ci vengono mostrate diverse scene appartenenti alla prima Era, una tra tutte la visione eterea dei due grandi alberi di Valinor. La voce narrante ci accompagna in un piccolo viaggio all’interno di situazioni che hanno devastato la Terra di Mezzo e non solo, eventi come le grandi battaglie dalla Dagor Bragollach con Finrod il fratello di Galadriel coinvolto, fino alla Guerra d’Ira, o la distruzione degli alberi da parte di una grande ombra come quella di Morgoth. La quantità di informazioni che ci sono sulla Prima Era non permette di esplorarle tutte ovviamente quindi come primo approccio, per di più facendo vedere Sauron in armatura a difesa di Morgoth, non può essere che una panoramica di informazioni, comunque accertate e riconoscibili, per arrivare all’oscurità più totale come la morte degli alberi Telperion e Laurelin. In tutto ciò una delle scene più emozionanti è il dialogo tra Finrod e la piccola Galadriel, dialogo che riprende moltissimo le tematiche tolkieniane all’interno de Il Silmarillion. Dalla Prima Era ci si sposta direttamente alla Seconda (forse uno dei piccoli nei di questa serie è proprio il capovolgimento repentino di cronologia) dove si inizia ad esplorare con sagacia e criterio tutte le razze della Terra di Mezzo, mostrando la mappa ogni qualvolta il luogo viene cambiato.

Questo utilizzo della geografia così massiccio è una delle novità più interessanti, e utilizzare la mappa lo trovo assolutamente fondamentale.

Ci vengono presentati gli elfi di Lindon con le loro preoccupazioni e convinzioni che il male sia ormai una cosa passata, Galadriel è assolutamente la protagonista di questi due episodi e Morfydd Clark ci fornisce una prova attoriale veramente importante, sembra veramente di vedere una giovane Cate Blanchett soprattutto in alcuni primi piani. Una Galadriel diversa più impulsiva, ma con alle spalle il fardello dell’uccisione del fratello Finrod che vuole assolutamente vendicare andando alla ricerca di Sauron per tutta la Terra di Mezzo (come scritto nei testi di Tolkien). La partenza per Valinor è una delle scene visivamente più poetiche e meravigliose di queste puntate, ma non solo, per di più la coerenza con gli scritti del professore è totale in quanto alla Galadriel combattiva, sempre alla ricerca del male, gli fu promesso Valinor e la possibilità di andare ai porti grigi, richiesta che fu rifiutata dalla stessa Galadriel.

Il rifiuto di Galadriel, interpretato dagli showrunners, si è materializzato con la partenza dalla Terra di Mezzo e il tuffo dalla nave a pochi metri dall’arrivo a Valinor: questo lo trovo un modo molto originale di interpretare il no di Galadriel.

Nel Lindon ci vengono presentati anche i vari Elrond, un politico perfetto che dovrà combattere e tenere le fila di moltissimi personaggi tra i quali il fabbro degli elfi Celebrimbor, al quale bastano un paio di sguardi e movimenti del corpo per fa intuire il carattere del personaggio e della sua ossessione nel realizzare gli oggetti più potenti per la Terra di Mezzo: sarà interessante capire come le cose si evolveranno a suo discapito. Fino al grande Gil-Galad, re possente del Lindon, fiero e orgoglioso di tutto quello che è stato fatto in passato per arrivare alla momentanea pace. Ci sono libertà ed eventi inventati è vero, ma le libertà prese partono tutte da frasi di Tolkien sparse nei vari testi e completano o provano a spiegare delle vicende lasciate insolute. Altre menti ed altre mani che completano i cicli, come sì augurava lui nella famosissima Lettera 131 più volte citata dagli stessi showrunners. Poi soggettivamente uno può apprezzare o no le interpretazioni, ma ci tengo a rassicurare che almeno fino ad ora nessuna delle scelte è data al caso.

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I Nani, la comunità degli Harfoots…e un familiare straniero

Dopo gli Elfi e la comunità degli Umani, ben sorvegliata dall’elfo Arondir, con i suoi altri colleghi elfi, è una delle grandi soprese della serie. Mi sento di fare assolutamente un plauso alla scrittura di questo personaggio, totalmente nuovo e all’interpretazione dello stesso Ismael Cruz Córdova che lo rendo vicinissimo ai comportamenti e movimenti di un Orlando Bloom ne Il Signore degli Anelli. Si prospetta tra l’altro una storia d’amore, con l’umana Bronwyn, anche questa in linea con le classiche tematiche delle storie d’amore tolkieniane, non banali, ma molto elevate. Dimentichiamoci la carnalità di altre serie, qui l’amore è un qualcosa di spirituale, elevato proprio come scriveva lo stesso professore inglese nei suoi testi.

Dopo gli umani è la volta dei nani…e che nani. Khazad-dûm, che può rappresentare un personaggio a sé stante, come tra l’altro quasi tutti i luoghi della Terra di Mezzo, è ricostruito nei minimi dettagli e il popolo che vi vive al suo interno è coerente con i nani canonici degli scritti. Basta strizzate d’occhio glamour, camminate quasi da passerella che abbiamo visto ne Lo Hobbit, qui ci sono tradizioni, folklore e finalmente un pizzico di purismo nanico che tanto è mancato nelle pellicole precedenti.

Poi arriviamo ai due grandi punti interrogativi della serie. Forse i rischi maggiori. L’inserimento degli Harfoots e questo fantomatico The Stranger. I Pelopiedi, ovvero la razza più ancestrale degli Hobbit altro non sono che un popolo nomade che usa tecniche di mimetismo per cercare di interagire il meno possibile con l’esterno. Ne il prologo de Il Signore degli Anelli, si legge che prima dell’arrivo nella Contea nella Terza Era nulla si sapeva degli hobbit, in quanto “si nascondevano prevalentemente dalla gente alta”. Che cosa ci fanno vedere difatti? Un popolo che sta molto attento ad uscire fuori i propri confini, molto attenti a nascondersi dagli altri e con una propensione per la vita rurale. Ecco che gli showrunners chiudono ancora perfettamente i puntini lasciati in sospeso da Tolkien per di più agli Harfoots arriva l’evento che scaturirà probabilmente diverse sorti a favore o sfavore della Terra di Mezzo: la meteora. Ma chi c’è all’interno di questa meteora? Uno degli Istari o Stregoni è l’ipotesi più plausibile anche se sappiamo che la loro comparsa non è prima della Terza Era. E’ per questo che il capitolo sugli Istari dei Racconti Incompiuti ci viene in aiuto:

Fu deciso di mandare tre emissari nella Terra di Mezzo. Chi sarebbe andato? Essi dovevano infatti essere potenti, pari a Sauron, ma dovevano dimenticare la potenza e vestirsi di carne in modo da trattare alla pari con Elfi e Uomini e guadagnarsene la fiducia […] Ma si fecero avanti due altri: Curumo che fu scelto da Aule e Alatar, che venne inviato da Orome. A questo punto Manwe chiese dove fosse Olorin. E Olorin che era vestito di grigio e testè tornato da un viaggio era andato a sedersi un po’ in disparte nell’adunanza, chiese che cosa Manwe volesse da lui […]

Se questo viaggio fosse la permanenza di Olorin, quindi Gandalf, nella Terra di Mezzo insieme alla comunità degli Harfoots? Dopotutto il nostro straniero venuto dal cielo sembra non fidarsi di nessuno, tranne che di Nori e dei suoi amici Pelopiedi, ha un rapporto privilegiato con la natura e gli alberi sembrano ascoltarlo. Tutti elementi molto vicini sia al Gandalf cinematografico, ma anche a quello letterario, perché Olorin “sapiente sopra tutti i Maiar”, era colui che dimorando in Lorien spesso si aggirava sulla Terra di Mezzo poiché nutriva profondo amore per le creature che vi abitavano. Un viaggio molto lungo durato centinaia di anni prima della chiamata da parte dei Valar potrebbe essere la risposta al nostro straniero dagli occhi azzurri, oltre a far entrare in punta di piedi il personaggio forse più amato dai tolkieniani e fan dei film di Peter Jackson.

L’arrivo di Gandalf proprio nella comunità degli Harfoots giustificherebbe anche la sua grandissima amicizia con gli Hobbit, a questo punto fin da Ere passate: un bel modo di interpretare l’arrivo del grande stregone.

Tuttavia non ci sentiamo di escludere le possibilità che dalla meteora esca Curomo, ovvero Saruman oppure Alatar, uno degli stregoni blu del quale si sa pochissimo e si potrebbero costruire trame molto interessanti, ma l’importanza di Gandalf in una serie come questa potrebbe rappresentare la chiave di volta.

In tutto ciò mancano ancora i Numenoriani e l’arrivo di Sauron (forse) che vedremo sicuramente più avanti.

Per concludere l’emozione di tornare nella Terra di Mezzo è stata veramente forte, ho trovato Tolkien in moltissimi punti e ho trovato anche quell’io bambino che affascinato dai personaggi che ruotavano attorno all’Oscuro Signore, dagli Elfi di Lindon fino ai Nani di Khazad-dûm. La messa in scena è un qualcosa di inimmaginabile per una serie Tv, o meglio con il budget di questa produzione era un qualcosa che speravo, ma che non ero certo di poter vedere, è probabilmente il prodotto televisivo più straordinario che abbia mai visto e senza presunzione posso dire che ci sarà un prima e dopo The Rings of Power, come un prima e dopo Lost. Ci sono spazi aperti finalmente, ci sono dialoghi molto vicini alla struttura dei testi tolkieniani, è una serie che si prende il suo tempo facendola risultare piacevolmente lenta perché c’è bisogno di assaporare ogni piccolo dettaglio di questo grande e lungo viaggio. Uscita il giorno della morte di Tolkien, da appassionato, studioso e fan di questo mondo non posso che dire “Sono tornato”.

Il Signore degli Anelli – Gli Anelli del Potere è disponibile con i primi due episodi su Prime Video

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