Le ricerche condotte da un team di cui fa parte anche Maurizio Pajola, ricercatore dell’Istituto Nazionale di Astrofisica (INAF), hanno rilevato la superficie dell’asteroide Bennu. Sono stati prelevati campioni di rocce e polvere davvero consistenti.

 

Le difficoltà per arrivare a questo campionamento sono state estreme. La superficie è solo composta di massi. Ci si aspettava di trovare una zona di almeno 25-50 metri quadrati della superficie dell’asteroide ricche di polvere e prive di rischio. In realtà, di zone con quelle caratteristiche non ce ne sono proprio su Bennu. Ciononostante, sono stati raccolti ben oltre i 60 grammi minimi richiesti dalla NASA. Il veicolo spaziale ha recuperato circa 250 grammi di materiale. Bennu è un Near Earth Object di tipo B, e quindi ci aspettavamo che la sua superficie fosse caratterizzata dalla presenza di minerali idrati. Però è anche un oggetto particolarmente scuro, e quindi ricco di composti del carbonio. Quel che non ci aspettavamo era che si depositasse abbondante polvere su alcune delle ottiche, e questo ha diminuito un po’ il segnale acquisito dalla strumentazione di bordo. I dati che abbiamo preso quando OSIRIS-REx si è avvicinato e poi allontanato dalla superficie comunque confermano quanto atteso: il materiale era ricco di composti organici e minerali idrati. La prova definitiva di questo ce l’avremo quando potremo analizzare i campioni a Terra, anzi siamo sicuri che dentro ai grani ci sia molto di più.

Maurizio Pajola, ricercatore dell’Istituto Nazionale di Astrofisica (INAF)

 

 

Dall’analisi è venuto fuori che la superficie dell’asteroide assomigli al materiale delle meteoriti carbonacee alterate dall’acqua. Inoltre, il processo di raccolta ha dato vita a un cratere ellittico con un semiasse maggiore largo 9 metri. Il grande cratere sta a significare che su Bennu si rischia di sprofondare. Il motivo sono i massi di cui è fatto che sono slegati completamente. Lo studio su Bennu sarà utile per future missioni e proteggere la Terra dallo scontro con asteroidi.