La coerenza è senza dubbio una qualità molto importante quando si fa il bilancio di un prodotto audiovisivo. Si parla pur sempre di un testo che, come tale, ha la sua grammatica, la sua ortografia e il suo ritmo, non solo narrativo, ma anche formale, estetico e musicale. Riuscire ad accordare tutte queste cose non può non essere rilevante. Nella sua piena compiutezza suddetta qualità arriva a fa sposare forma e contenuto, obiettivo che presuppone una grande maestria nel genere di cui il testo si occupa e un profondo rispetto per i lettori (o gli spettatori) a cui si rivolge.

Iniziamo la recensione di X – A Sexy Horror Story affermando prima di tutto che si tratta di un film profondamente coerente ed onesto nelle sue intenzioni, nel suo svolgimento e nei suoi riferimenti, dall’inizio fino alla fine, tanto che alla fine della visione ci si accorge che si poteva quasi anticipare la sua forma ultima già solo partendo dal nome dietro la parte creativa e le sue vicende produttive e distributive. Questo è il suo principale problema.

La pellicola ha infatti al timone un redivivo Ti West, un autore afecionados del cinema horror / slasher, che da nome in rampa di lancio (pensate a The House of the Devil del 2009) si è man mano perso di vista, pur mantenendo in realtà un discreto livello professionale.

Un nome interessante per la A24, in grado di coniugare un certo grado di esoticità, appeal per il pubblico di riferimento, sapienza nell’uso del genere e la buona volontà di sottostare ad una linea editoriale che ormai è divenuta più importante della personalità dei creativi vari.

La casa di produzione newyorkese si è in realtà, ufficialmente, solo occupata della distribuzione internazionale del film, che per l’Italia si avvale della collaborazione di Midnight Factory, ma non ci vuole un genio a capire che in assenza di alcune precise caratteristiche non si sarebbe neanche avvicinata. Oltre questa precisazione è utile pensare anche che la pellicola è uscita anche con una “spada di Damocle” non indifferente come quella di avere già annunciato un prequel ad essa collegato da cui ci guardiamo bene dal divulgare il titolo in questa sede.

X – A Sexy Horror Story arriva nelle sale italiane il 14 luglio 2022.

Maxine and co. make a Porno

Siamo nel 1979 e un pastore dall’aria molto severa è intento ad iniziare uno di quei sermoni interminabili e interessanti solo per le casalinghe timorate di Dio e i veterani che non si separano mai dalla pistola di ordinanza e che non riescono più a parlare ad un’anima viva prima del decimo whisky (peculiarità, quest’ultima, che li accomuna alle casalinghe), a proposito della crisi dei valori cristiani nella società moderna. Una forma di denuncia di una realtà americana ormai alla stregua di depravazione, violenza efferata, sessismo estremo e rifiuto dei valori della famiglia.

Ovviamente ha ragione su tutta la linea.

X: a sexy horror story

Non è certamente un caso che un gruppo di giovani aitanti scelga di intraprendere, tra tutte quante le opzioni possibili, proprio quella che li porta a girare un porno per dare una svolta alla propria vita, affascinati da un’idea di successo che passi attraverso il piacere e il godimento estremo del proprio corpo e della propria età. O almeno questo è quello che spinge la preannunciata star del film, Maxine (Mia Goth), la quale non si fa scrupolo a condividere le sue motivazioni anche con tutti gli atri partecipanti alle riprese, anche solo con uno sguardo.

Una prospettiva resa talmente seducente da convertire anche il più candido degli animi della troupe.

Peccato per loro che il produttore, Wayne il cowboy, non sia granché sveglio e neanche troppo fortunato, dato che si ritrova a prenotare come location delle riprese una rimessa (in cui i nostri dovranno anche pernottare, dettaglio importante) di una casa in campagna proprietà di una coppia di anziani la cui vista farebbe fuggire anche Michael Myers in persona.

Il resto lo lasciamo alla vostra immaginazione.

Ritornare sui propri passi  per trovare la propria strada

Le prime battute del film di West suonano come una dichiarazione di intenti: religione, morte e sessualità, i tre dogmi dello slasher; ambientazione anni ’70, l’epoca dei serial killer (e del terrore americano per i serial killer) ed estetica da B-Movie duro e puro.

Una tavola succulenta, apparecchiata da chi se ne intende secondo un registro linguistico chiaramente metacinematografico, non solo perché la pellicola è sostanzialmente un horror sul making of di un film porno, ma anche perché i due girati di sovrappongono, integrandosi dal punto di vista formale e contenutistico e avvalendosi anche di un ben realizzato cambiamento di formato, sempre giustificato dal punto di vista diegetico.

Un dialogo esplicito e continuo con lo spettatore, coinvolto all’interno di un titolo che attraverso la riflessione su se stesso cerca il proprio posto nel mondo.

Mia Goth

Si viaggia dalle parti di Tobe Hopper, con più di un riferimento a Texas Chainsaw Massacre, e del cinema di Dario Argento (come l’immagine qui sopra dimostra) fino alla citazione diretta di Psyco di sua maestà Alfred Hitchcock per annunciare l’obiettivo del cambio di tono e la tematica su cui si basa l’intera pellicola. Vedete? Comunicazione a carte scoperte.

Così come nella pellicola del 1960, anche qui c’è una punizione selettiva della giovinezza e della sue potenzialità, soprattutto sessuali, da parte di una generazione che ormai non può più goderne.

Lo spettro di un mondo antico, terribile, invidioso e feroce che in questo caso West cerca di comprendere, costruendo un villain nel senso più moderno del termine e creando un collegamento importante con l’altra parte della barricata grazie al doppio ruolo riservato alla Goth.

Tutto però risulta fin troppo controllato in X – A Sexy Horror Story, che sulla carta è un titolo praticamente inappuntabile, data la sapienza nell’uso del mezzo cinematografico, il revisionismo storico e meta e l’innesto di elementi in grado di parlare al pubblico di oggi, compreso una bellissima riflessione sul femminile. Ogni cosa tra l’altro vincolata al rispetto del genere e della tradizione. Il problema è che la pellicola non prende mai forma sul serio, rimane inesplosa, financo nel momento della carneficina essa è sempre metodica, persa nella sua volontà di essere colta e, così facendo, non arriva mai a sconvolgere, a sbrigliare le carte, a trovare qualcosa oltre la sua comfort zone da prodotto dal grande potenziale ridotto ad uso solletico postpomeridiano e sfiorando solamente lo stuzzicante aperitivo da sabato sera, quello che potrebbe sostituire anche una cena troppo pesante. Peccato perché i sapori erano quelli giusti, ma d’altronde i limiti alle ricette erano quelli che erano.

X – A Sexy Horror Story arriva nelle sale italiane il 14 luglio 2022 distribuito da Midnight Factory.

65
X - A Sexy Horror Story
Recensione di Jacopo Fioretti

X - A Sexy Horror Story è la nuova pellicola scritta e diretta da Ti West, uno specialista dello slasher duro e puro. Il nome dietro al titolo è quello della A24 e ad esso è collegato anche un prequel già annunciato, elementi che ci presentano un lavoro con più di un vicolo a livello produttivo e progettuale. Detto questo, la pellicola è, di fatto, un horror sul making of di un film porno, ovvero un ottimo modo per creare da subito un prodotto dal forte senso metacinematografico e, contemporaneamente, recuperare i topoi tradizionali del genere di appartenenza: sesso e morte. West fa un grande lavoro di riflessione sul passato, creando una pellicola coerente, colta, profonda e ben costruita, ma avendo fin troppa cura di dichiarare pedissequamente ogni suo passo creativo, persino preannunciando qualcosa. Questo fa del titolo un'opera ipercontrollata e incapace di emanciparsi da una cervellotica comfort zone, nonostante ne abbia tutte le potenzialità, soprattutto per come lavora con gli elementi dello slasher e per come riesce a modernizzarsi nel modo di affrontare le tematiche. Un bel film. Poteva essere molto bello.

ME GUSTA
  • La costruzione sia estetica che contenutistica, da veri nerd dello slasher, che è quello che è Ti West.
  • La buonissima prova di Mia Goth.
  • La coerenza della pellicola e il rispetto nei confronti dello spettatore, anche troppo coinvolto nel lavoro del regista.
  • La riuscita rielaborazione dei topoi del genere di appartenenza accompagnata dall'inserimento di elementi peculiari.
FAIL
  • Tutto quanto è fin troppo controllato e dichiarato.
  • La pellicola non esplode mai sul serio, sacrificando anche un ritmo necessario all'efficacia del cambio di passo per i suoi scopi metacinematografici.