L’evento del 3 luglio sul ghiacciaio della Marmolada è una diretta conseguenza della crisi climatica, ed è destinato a diventare il triste simbolo di un’emergenza che sta toccando da vicino anche l’Italia, in modo (forse) mai così violento. Cerchiamo di capire cosa significa zero termico e quali conseguenze potrebbero esserci in futuro.

Il crollo del seracco del ghiacciaio della Marmolada è una strage del clima. Siamo stati sempre attenti nel raccontare i cambiamenti climatici, ma quanto sembri nessuno ha mai preso in seria considerazione il discorso climatico. Addirittura dopo i no-vax e i terrapiattisti il mondo del web ha sfornato i nuovi no-sic: i negazionisti del surriscaldamento globale.

Quante tragedie serviranno per farci capire quanto stia cambiando il clima? Oppure vogliamo negarlo totalmente? Da tempo gli scienziati, insieme ad attivisti come Greta Thunberg, hanno lanciato un grido di allarme per lo stato di salute dei ghiacciai del nostro pianeta e anche alpini (estremamente sensibili alla crisi climatica). La loro riduzione, in atto da circa centocinquant’anni, negli ultimi venti anni sta drammaticamente accelerando, diventando agli occhi di tutti la manifestazione più evidente del cambiamento climatico.

Fa troppo caldo ed è caduta troppa poca neve è una frase che abbiamo già sentita, ma è l’unica verità.

Le temperature che stiamo raggiungendo anche ad alta quota sono davvero terrificanti: sempre tornando alle nostre montagne sulla vetta della Marmolada, a quota 3.250 metri, il termometro ha raggiunto i 10,5 gradi domenica 3 luglio. Episodi eccezionali oggi, ma che diventeranno la norma domani: ondate di calore come questa e prolungati periodi di siccità saranno infatti sempre più frequenti a causa della crisi climatica. Lo continuano a ripetere i principali esperti e climatologi del Mondo: l’area del Mediterraneo è un hot spot del riscaldamento globale e questo spot ci sta dando dei segnali ben precisi purtroppo mai seguiti (dalla politica e da chi può far qualcosa).

Lo Zero Termico è sempre più a rischio.

In questi giorni più volte abbiamo sentito nei vari telegiornali l’affermazione “lo zero termico del ghiacciaio della Marmolada è sempre più a rischio”. Ma che cos’è lo zero termico? Altro non è che il dato meteorologico che indica l’altitudine alla quale la temperatura nella libera atmosfera è (o sarà, nel caso di una previsione) di zero gradi Celsius. Al di sopra di quella altitudine la temperatura è generalmente inferiore allo zero (tranne nei casi di inversione termica).

Il dato dello zero termico è spesso indicato nei bollettini meteorologici, e assume particolare importanza in quelli specifici delle regioni montuose, consentendo a escursionisti e alpinisti di prendere coscienza delle condizioni della montagna.

Chiaramente sui pendii e sulle cime le condizioni termiche possono essere diverse a causa del ciclo diurno della temperatura e dell’orografia, ma lo zero termico da comunque importanti informazioni meteonivologiche.

Lo zero termico è la quota in cui in libera atmosfera viene misurata la temperatura di zero gradi (0°C). Si esprime dunque in metri, è importante sottolineare che appunto è una quota e non una temperatura.

Lo zero termico non incide precisamente con le nevicate, nel senso che il limite delle nevicate è legato allo zero termico, ma non vi coincide esattamente. La neve infatti può scendere circa trecento metri sotto lo zero termico, ma in condizioni particolari, come le isotermie invernali o i temporali, può scendere addirittura a ottocento metri sotto la quota di 0°C.

Per comprendere al meglio l’importanza della lettura dello zero termico possiamo ricordare che l’escursionista che si appresta a salire una montagna di 3.000 m di altitudine ed è al corrente che lo zero termico a mezzogiorno sarà alla quota di 2.600 m, deciderà di portare nello zaino indumenti idonei ad affrontare una temperatura inferiore allo zero. O ancora: un alpinista che si appresta a scalare una difficile parete di “misto” (ghiaccio e roccia) con attacco alla quota di 2.900 m e uscita in cresta alla quota di 3.500 m, potrebbe decidere di rimandare la scalata nel caso lo zero termico fosse previsto a 4.000 m, perché aumenterebbero i pericoli oggettivi (come le scariche di sassi, le slavine e il distacco delle cornici) a seguito di un probabile scioglimento del ghiaccio e della neve nelle ore più calde. E qui arriviamo purtroppo alla tragedia della Marmolada che ha letteralmente sconvolto l’ambiente della meteorologia e dell’alpinismo con lo zero termico quasi mai raggiunto negli ultimi giorni di giugno e primi di luglio.

Quali saranno le conseguenze sui ghiacciai (come la Marmolada)?

Dobbiamo dire le cose come stanno anche se in modo brutale: mai la neve invernale, quest’anno peraltro scarsa, è scomparsa così precocemente. Le immagini aeree e i dati sono eloquenti (anche se i no-sic dicono che è tutta finzione) fin da maggio appunto e ancor più a giugno. Per la Marmolada secondo ARPA Veneto il periodo in corso è addirittura più caldo del già straordinario e storico evento della famigerata estate 2003 il che porterà ad un rapido discioglimento di alcune parti di ghiacciaio e purtroppo ci potrebbero stare anche altri eventi come quello accorso il 3 luglio. Secondo i dati rilevati dalla carovana dei ghiacciai di Legambiente del 2020, al ghiacciaio della Marmolada restano pochi anni di vita (e questo è ovviamente un monito anche per altri ghiacciai): secondo le stime potrebbe scomparire già entro il 2040.

Nell’arco di quasi un secolo il ghiacciaio ha perso più dell’85% del suo volume, e tra venti o trent’anni potrebbe sparire del tutto.

Fino al 2000 gli esperti stimavano il suo completo esaurimento nell’arco di un secolo. Negli ultimi dieci anni infatti si è assistito ad una accelerazione dei fenomeni della fusione glaciale, tanto da ridurre significativamente il tempo stimato per la sua definitiva scomparsa.

Cosa ha provocato questo crollo?

Il caldo estremo e da record di questi ultimi giorni di giugno e primi di luglio, con questa ondata di calore proveniente dall’Africa ha verosimilmente prodotto una grossa quantità di acqua liquida da fusione glaciale alla base di quel pezzo di ghiacciaio che in realtà è una “pancia”. Ci troviamo quindi proprio nelle condizioni peggiori per distacchi di questo tipo (affermano dal CNR, tra cui il glaciologo Renato Colucci dell’Istituto di scienze polari) perché c’è sia tanto caldo che tanta acqua che scorre alla base.

L’atmosfera e il clima, soprattutto al di sotto dei 3.500 metri di quota, è in totale disequilibrio a causa dell’aumento delle temperature climatiche e purtroppo, questi eventi sono probabilmente destinati a ripetersi sia nei prossimi anni che anche questa estate. Il punto di non ritorno è molto vicino e l’unica cosa da fare è, soprattutto per gli amanti della montagna, è valutare appieno la fattibilità di un escursione a queste temperature.