L’applauso sul logo che appare nei titoli di testa. Il brivido che accompagna la mano di Tom Cruise quando tira fuori da un armadietto il leggendario giubbotto con le toppe. Pochi titoli e personaggi possono vantare un’eco simile nel pubblico. Top Gun è sicuramente uno di questi. Quando c’è questa risonanza tra schermo e spettatore non c’è dubbio: ci si trova di fronte al mito. Nello scrivere la recensione di Top Gun: Maverick, in sala dal 25 maggio, è impossibile non tenerne conto.
Diretto da Tony Scott, nel 1986 Top Gun trasformò Tom Cruise in una star. Tutti volevano i suoi occhiali (i Ray-Ban Aviator), in molti sono entrati nell’aeronautica dopo aver visto il film (si parla di un aumento di iscrizioni del 500% all’epoca, per quello che è un chiaro manifesto di propaganda della politica reaganiana). Nelle radio suonava incessantemente Take My Breath Away dei Berlin, colonna sonora della pellicola.
I protagonisti – con i loro nickname accattivanti, Maverick e Iceman – sono la versione moderna (e senza poteri) degli dei dell’Olimpo. La loro casa non a caso è tra le nuvole. “Il bisogno di velocità” e il non piegarsi alle regole diventando artefice del proprio destino fanno di Pete “Maverick” Mitchell un classico eroe. Tom Cruise grazie a questo personaggio si è creato un posto immortale nella storia del cinema. E lo sa bene. Al punto da diventare un tutt’uno con lui, trasformandosi a sua volta nel Maverick di Hollywood”. Il film di Joseph Kosinski è un monumento al divo.
Maverick: la fine è inevitabile, ma non oggi
Top Gun: Maverick comincia con un tramonto. Tutto il primo film era un tramonto continuo, ma non è soltanto per questo che la pellicola si apre così. Pete Mitchell è sempre un ribelle, ha ancora la faccia da schiaffi e il sorriso smagliante. Ha quasi 60 anni, ma ne dimostra 20 di meno. Il sistema non lo ha piegato: si è rifiutato di fare carriera, volendo dedicarsi soltanto a quello che gli riesce meglio e ama di più, volare. È orgogliosamente “il più veloce uomo vivente”. Eppure vogliono chiudere il suo programma speciale con cui testa veicoli che sfrecciano a velocità folli. L’Ammiraglio Hammer (Ed Harris in un cameo asciuttissimo e fantastico) gli dice perfino che il futuro è già qui e lui non ne fa parte. “La fine è inevitabile” dice con un ghigno a Maverick. E lui risponde, con quell’aria di sfida inconfondibile: “Non oggi”.
Ok, siamo di fronte al sequel di Top Gun, c’è una mitologia da portare avanti e da far conoscere a un pubblico nuovo. Sembra però che Tom Cruise abbia deciso di portare su di sé il peso di un’industria intera, che si trova di fronte a un momento di transizione violento e inarrestabile. Lo streaming ha messo in difficoltà la sala e le serie tv sono diventate più popolari dei film. Il divo lo sa e sembra dire: combatterò per la sala cinematografica fino alla fine.
E in effetti questo Top Gun: Maverick si merita lo schermo più grande possibile e l’impianto audio più potente. Questa è una storia che vive e risuona davvero soltanto al cinema.
Forse è un sentimento da “vecchia reliquia”, come lo apostrofa il Vice Ammiraglio Cyclone (Jon Hamm), ma Tom Cruise/Maverick ci crede davvero. Come l’ultimo dei romantici o il più ridicolo dei folli.
“Non pensare, fallo e basta”
Rimasto al di fuori dei vertici militari, Maverick viene chiamato per un compito importante: addestrare i dodici migliori piloti dell’esercito americano per far sì che riescano in una missione impossibile. E quando si tratta di missioni impossibili Tom Cruise è proprio l’uomo giusto. Protetto dall’ex rivale, diventato poi amico Iceman (sì, Val Kilmer c’è, nonostante la malattia che gli impedisce di parlare, per un cameo che da solo vale il prezzo del biglietto), l’uomo più veloce del pianeta non è per niente ben visto dai suoi superiori. Lui è uno che ci tiene, non vuole che questi ragazzi (tra loro c’è anche una ragazza, Phoenix, interpretata da Monica Barbaro, a dimostrazione che i tempi sono davvero cambiati) siano considerati sacrificabili.
Lo spettro di Goose (Anthony Edwards), il suo miglior amico morto nel primo film, non lo ha mai abbandonato. “Parlami Goose” dice ogni volta Mitchell nell’abitacolo. Ecco perché ha continuato a sorvegliare su suo figlio, Rooster (Miles Teller), anche lui pilota e, guarda caso, tra i giovani che deve preparare. Per Maverick questo ragazzo significa tutto: il passato che non riesce a lasciarsi alle spalle, il futuro che non può catturare.
Insieme sono il cuore di un sequel praticamente perfetto: Top Gun: Maverick è la storia di un’ossessione, che si tramanda di padre e in figlio e di film in film. Il mito non può morire, va tramandato, come una fiamma. C’è molto della pellicola originale, ma Kosinski e Christopher McQuarrie alla sceneggiatura (regista degli ultimi capitoli di Mission Impossible) sono riusciti a inserirlo nel contemporaneo. La canzone principale, Hold My Hand, non è più dei Berlin ma di Lady Gaga e si sposa alla perfezione con il tema originale di Giorgio Moroder. Top Gun: Maverick è in costante equilibrio: tra passato e futuro, tra vecchie glorie e giovani rampanti, terra e cielo, dramma e umorismo. C’è poi una nuova fiamma, che in realtà viene sempre dal passato: l’attrice premio Oscar Jennifer Connelly è Penny, ex fidanzata nominata nel primo film.
Incapace di mollare la presa, Maverick è pronto a trascendere diventato quasi una guida spirituale, un guru, un Jedi del cielo: “Non pensare, fallo e basta!” dice a Goose, a metà tra Yoda e uno spot della Nike.
Ed è quello che facciamo anche noi spettatori: al di là della trama, delle citazioni, Top Gun: Maverick è soprattutto un grande spettacolo.
Il terzo atto è intrattenimento allo stato puro: gli attori hanno recitato veramente dentro gli aerei a tutta velocità e il risultato è impressionante. Sembra di essere lì con loro. Sudiamo con loro, pieghiamo la testa come loro. Sentiamo salire l’adrenalina. Va bene, forse non proprio come loro, ma l’esaltazione è tanta. Cosa chiedere di più a un film come questo se non una corsa folle ed emozionante? Top Gun: Maverick è esattamente questo.
Top Gun: Maverick è in sala dal 25 maggio.
Come scritto nella recensione di Top Gun: Maverick, Tom Cruise ormai è il Maverick di Hollywood e insieme a Joseph Kosinski alla regia e Christopher McQuarrie alla sceneggiatura ha realizzato il sequel perfetto. Passato e presente sono perfettamente in equilibrio, così come dramma e umorismo. Il nuovo cast, guidato da Miles Teller e Jennifer Connelly, ha grande talento e le scene d'azione del terzo atto sono davvero spettacolari. Top Gun: Maverick merita di essere visto sullo schermo più grande possibile.
- Tom Cruise è in forma smagliante ed è un tutt'uno con Maverick.
- Le scene d'azione in volo sono spettacolari.
- Il nuovo cast, guidato da Miles Teller, ha grande talento.
- Dramma e umorismo sono perfettamente bilanciati.
- La canzone di Lady Gaga, Hold My Hand.
- L'unica pecca che si può trovare è il ricalcare fedelmente l'opera originale, ma ci sono comunque elementi che rendono il film attuale.