Monkey Island sta per tornare! La straordinaria serie di avventure punta e clicca nata dall’estro di Ron Gilbert, Dave Grossman e Tim Schafer si appresta a rivivere in un nuovo ed emozionante terzo capitolo.
Svelato ufficialmente lo scorso primo aprile con un annuncio che ha infiammato i cuori dei videogiocatori più nostalgici, Return to Monkey Island ci permetterà di tornare a vivere le bizzarre avventure di Guybrush Threepwood in una formula più moderna e riprogettata per l’attuale generazione. Niente paura però: Gilbert ha già confermato che il prossimo capitolo di Monkey Island conterrà tutto il cuore ed tratti distintivi dell’iconica saga del temibile pirata, reinterpretati però secondo una rinnovata filosofia che punta a donare nuovo lustro al genere delle avventure grafiche.
In attesa di mettere le mani sulla nuova avventura di Terrible Toybox, celebriamo il graditissimo ritorno di una serie videoludiche più amate di sempre, ripercorrendo tutta la storia di Monkey Island, tra curiosità, aneddoti ed un pizzico di nostalgia.
“Io sono la gomma, tu la colla”
La storia di Monkey Island ha inizio nel 1988 e più precisamente quando Ron Gilbert iniziò a concepire l’immaginario artistico e narrativo di The Secret of Monkey Island. All’epoca, l’autore, impegnato nello sviluppo di Indiana Jones e l’ultima crociata, stava cercando nuovi spunti per creare una storia dello stesso livello qualitativo di Maniac Mansion e Zack McKracken. Spunto che gli arrivò prima dalla famosa attrazione Disney “Pirati dei Caraibi” e poi dal romanzo Mari Stregati di Tim Powers, opera del 1987 piena zeppa di avventura, pirati, magia voodoo e con un protagonista che sembrava essere il classico pesce fuor d’acqua con cui ogni lettore avrebbe potuto facilmente empatizzare.
Alla base dello sviluppo del gioco c’era l’intento di riuscire a rivoluzionare il genere dell’avventure grafiche.
Per farlo, Girlbert stilò sul suo blog le regole che secondo lui avrebbero reso maturo il genere, ad iniziare dalla rimozione della “morte istantanea” fino ad arrivare all’importanza di un obiettivo chiaro e identificabile e alla presenza di enigmi in grado di far avanzare la storia.
Da queste premesse, nacquero le avventure di Guybrush Threepwood, un giovane arrivato all’Isola di Melée con l’unico obiettivo di diventare un “temibile pirata” e il cui destino si sarebbe presto incrociato con quello di innumerevoli personaggi tanto bizzarri quanto carismatici. Pubblicato nel 1990 sotto etichetta LucasArts, The Secret of Monkey Island arrivò in floppy disk su Atari ST, Macintosh e PC, con una grafica a 16 colori e con un’importante novità: fu una delle prime avventure grafiche (insieme a Loom) ad utilizzare un sistema di scaling dei personaggi, in grado di ingrandire o rimpicciolire le sprite in base alla loro posizione sullo schermo. Alcuni mesi dopo uscirà poi un’altra versione PC, dotata di grafica ridisegnata in formato VGA a 256 colori, e la versione Amiga, che utilizzava gli sprite della versione EGA con gli sfondi in VGA, ridotti però a 32 colori effettivi e con un nuovo arrangiamento musicale.
Ad aver reso però davvero indimenticabile l’epopea piratesca del giovane Threepwood è la presenza di una sceneggiatura oltremodo brillante caratterizzata da una spiccata vena comica e scanzonata capace di dar vita ad un tripudio di situazioni fantasiose e surreali come il leggendario duello a suon di insulti tra Guybrush e Meathook, l’incontro con i cannibali che si lamentano dei grassi saturi e le varie trovate geniali per gli enigmi, come quello legato al famoso pollo di gomma con la carrucola in mezzo. Il resto ovviamente è storia…
“LeChuck è tonato!”
Dato il successo del primo capitolo, il seguito di The Secret of Monkey Island non tardò ad arrivare. Monkey Island 2: LeChuck’s Revenge nacque nel dicembre del lontano 1991, segnando il debutto del motore audio iMUSE, complesso sistema in base al quale le diverse tracce venivano mixate assieme durante i cambi di scena. Al timone del nuovo progetto c’era sempre lui: Ron Gilbert, deciso a voler realizzare un seguito ancor più ampio del primo e permeato da quelle stesse situazioni surreali ed anacronistiche che i fan della serie avevano tanto amato e divenute oramai il marchio di fabbrica di una delle avventure videoludiche più belle di sempre.
Partito alla ricerca del leggendario tesoro Big Whoop, anche stavolta Guybrush si ritrova ad affrontare – neanche a dirlo – una miriade si situazioni folli durante il suo viaggio, inclusa l’indimenticabile gara di sputi diventata ormai celebre tanto quanto il citato duello a suon di insulti. Con l’abbandono di Ron Gilbert, avvenuto poco prima della fine dello sviluppo, la serie subì un brusco cambiamento di rotta ed il team si ritrovò a dover trovare un modo per concludere la storia. Il finale di LeChuck’s trasforma le avventure vissute da Guybrush in un sogno ideato da due bambini durante una giornata trascorsa in un parco divertimenti. Un colpo di scena proposto dallo stesso Ron Gilbert durante lo sviluppo di The secret of Monkey Island e poi di fatto cancellato (O forse no?) sei anni dopo dall’arrivo di un terzo capitolo.
La fine di un’era
Con Gilbert fuori dai giochi, spettò alla Lucas Arts occuparsi dello sviluppo dei successivi capitoli. Arrivò così The Curse of Monkey Island, terzo capitolo approdato su Windows nel 1997 grazie all’ultima incarnazione del motore SCUMM e con una grafica in stile cartoon a 256 colori. Alla guida del progetto stavolta vi erano Larry Ahern e Jonathan Ackley, una coppia che aveva avuto già esperienza nella produzione di avventure grafiche dopo aver lavorato a giochi come Day of The Tentacle e Full Throttle.
Grazie all’avanzamento tecnologico, il team poté adottare per questo capitolo uno stile grafico più rifinito, migliorando l’interfaccia di gioco con la scomparsa la barra fissa dei comandi che lascia spazio alla presenza dei fondali a pieno schermo. Pur senza raggiungere l’enorme successo dei suoi predecessori, The Curse of Monkey Island riuscì a farsi comunque a apprezzare anche se era privo di particolari guizzi creativi.
La stessa sorte non toccò invece al quarto capitolo: Fuga da Monkey Island, un titolo che si rivelò fin troppo rivolto a cercare un nuovo pubblico, anche su console, e decisamente lontano dalle atmosfere tipiche della serie. Caratterizzato da una grafica più moderna, con personaggi trimensionali in grado di muoversi su fondali bidimensionali, il gioco offriva ai giocatori diverse chicche interessanti tra cui la presenza del minigioco Monkey Combat, chiaro riferimento in chiave ironica alla serie di picchiaduro Mortal Kombat.
Ritorno a Monkey Island
Con il declino delle avventure grafiche, calò anche il silenzio su Guybrush Threepwood. Dovremo attendere ben nove anni prima di vedere il nostro bel filibustiere tornare in azione con Tales of Monkey Island, serie episodica decisamente ben riuscita sviluppata da TellTale Games su licenza LucasArts. Pur mostrando alcune incertezze, come la presenza di gag ed enigmi poco brillanti, la software house statunitense riuscì comunque nell’impresa di dare lustro ad una pietra miliare della storia dei videogiochi anche grazie alla presenza nel team di membri che avevano già lavorato ai capitoli originali, come Dave Grossman e Michael Stemmle, con la partecipazione di – udite, udite – Ron Gilbert. Dopo l’uscita della special edition dei primi due capitoli e la raccolta del trentesimo anniversario, di Monkey Island non si sentirà più parlare….almeno fino al 2022.
Con l’annuncio a sorpresa dell’arrivo di Return of Monkey Island, Ron Gilbert torna a dare vita alle incredibili scorribande piratesche di Guybrush Threepwood esaudendo il desiderio di milioni di appassionati della serie che non sognavano altro che avere un seguito canonico dei primi due, immortali capitoli. L’arrivo di Return of Monkey Island è previsto per quest’anno, quindi preparatevi ad issare le vele e a stappare la vostra migliore bottiglia di Grog perché finalmente Guybrush Threepwood è di nuovo pronto a solcare il mar.