Il Parlamento europeo grazia le criptovalute, no al divieto di Proof-of-Work

MSI Cryptomining

Investitori, insider dell’industria e semplici appassionati possono tirare un sospiro di sollievo. Il Parlamento dell’Unione Europea non vieterà il protocollo Proof-of-Work, su cui si basano le blockchain delle principali criptovalute, a partire dal Bitcoin.

Una proposta in tal senso è stata respinta dalla commissione affari economici del Parlamento. Gli effetti sull’industria sarebbero stati difficili da immaginare. Probabilmente le conseguenze più gravi avrebbero impattato soprattutto le aziende che operano nel settore.

La proposta aveva nell’obiettivo il cosiddetto protocollo PoW, quello alla base della tendenza energivora dell’industria delle criptovalute. Gli eurodeputati volevano spingere il grosso delle criptovalute verso il protocollo Proof of Stake, che richiede meno energia per funzionare. Peccato che quest’ultimo sia ritenuto meno sicuro dalla maggior parte degli esperti e che la transizione dei Bitcoin – la prima criptovaluta per capitalizzazione di mercato – verso il PoS sia pressoché impossibile (e di sicuro non è auspicata dai suoi adepti).

Il protocollo PoW non nasce con le criptovalute, ma è stato inizialmente ideato per combattere lo spam e gli attacchi DDoS. In un sistema come quello dei Bitcoin, il protocollo viene utilizzato per verificare e processare le transazioni e aggiungere nuovi blocchi alla Blockchain, il registro decentralizzato alla base del funzionamento della criptovaluta.

Per farlo macchine diverse competono tra di loro nella risoluzione di alcune complesse operazioni matematiche – chiamate funzioni di hash. I primi miner che risolvono le operazioni, validando le transazioni, vengono ricompensati in criptovalute — e questo è quindi anche l’unico modo per immettere nuova valuta in circolazione. Questo protocollo richiede l’utilizzo di macchine con una potenza di elaborazione – hash rate, in gergo – estremamente elevata, che per funzionare consumano anche molta energia elettrica. Da qui il triste primato del Bitcoin, che per funzionare, secondo alcune stime, consumerebbe più energia elettrica dell’intera Norvegia, un paese di 5 milioni di abitanti.

Ma l’interesse della politica europea per le criptovalute non finisce qui. Il Parlamento ha comunque chiesto alla Commissione dell’UE di valutare l’impatto dell’industria delle criptovalute sull’ambiente, e in futuro potrebbero arrivare nuove proposte di regolamentazione per mitigare il consumo energetico dei miner.

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