Crisi ucraina, i giganti del web isolano la Russia

Facebook, Google, Apple e perfino Pornhub. Tutti i giganti del web schierati contro la Russia, che ormai è sempre più sola. Alle sanzioni dei governi si aggiungono le sanzioni delle aziende, che in molti casi hanno scelto di interrompere i loro servizi in Russia. A rimetterci però sono le persone comuni.

Si inizia dai portafogli virtuali: Apple Pay e Google Pay non funzionano più in Russia. Una scelta obbligata, dopo il blocco delle transazioni estere verso le banche russe. Nel mirino del pacchetto di sanzioni deciso da USA e UE cinque grandi istituti russi: VTB Group, Sovcombank, Novikombank, Promsvyazbank e Otkritie.

Twitter ha ridotto l’incidenza della pubblicità in Russia e in Ucraina, in modo da dare più risalto ai post di pubblica utilità. Inoltre il social si è impegnato a combattere i tentativi di disinformazione e manipolazione dell’opinione pubblica.

Facebook ha scelto invece di tappare i megafoni della macchina propagandistica russa. I media affiliati al Cremlino potranno continuare a postare i loro contenuti, ma non potranno più sponsorizzare i post nel tentativo di inquinare l’opinione pubblica, come avevano fatto nelle prime ore dallo scoppio del conflitto. Il blocco delle inserzioni ha effetto in tutto il mondo. Ma Meta annuncia che è solo l’inizio, nelle prossime ore potrebbero arrivare altri contromisure contro la disinformazione del governo russo.

YouTube ha annunciato le stesse misure: stop alla sponsorizzazione dei video per tutti i media affiliati al governo russo. La piattaforma di Google ha anche ridotto la visibilità dei media filo-Putin, tra cui RT. Sempre RT era finita recentemente anche nel mirino di Anonymous.

Il Cremlino, in risposta, ha parzialmente bloccato l’accesso a Facebook nel paese. Il Governo russo aveva intimato a Facebook di interrompere le operazioni di fact-checking, ossia la verifica indipendente della veridicità delle news pubblicate dai media e dai blog.

E poi la stretta dell’industria dell’intrattenimento per adulti: Pornhub ha sospeso gli accessi dalla Russia, al posto dei video hard compare un messaggio di solidarietà al popolo ucraino. Onlyfans ha invece scelto di congelare i pagamenti a favore dei content creator russi — che tuttavia spesso sono sex worker o membri della comunità LGBT già vessati dalle politiche del Cremlino.

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