L’Unione Europea mette gli occhi sul mining di criptovalute. A lanciare l’allarme è Erik Thedéen, N.2 dell’European Securities and Markets Authority. «Sta diventando una questione seria per molte nazioni», ha detto, manifestando comunque un atteggiamento cauto e aperto a compromessi.

«Dobbiamo avviare una discussione su come l’industria possa spostarsi su tecnologie più efficienti (per consumo di energia ndr)», ha aggiunto. Thedéen non sembra essere un falco dell’ala anti-criptovalute, e ad esempio in passato si era dimostrato aperto a soluzioni alternative al protocollo proof-of-work, manifestando il suo sostengo al piano della rete Ethereum per il passaggio al modello proof-of-stake.

In una recente intervista al Financial Times, Thedéen si è detto preoccupato per il crescente utilizzo delle fonti rinnovabili da parte dell’industria delle criptovalute. Un paradosso? Mica tanto. L’energia prodotta dalle rinnovabili non è infinita – anzi -, e secondo il dirigente dell’ESMA l’alta domanda di energia del mining rischia di mettere a rischio gli obiettivi per l’ambiente fissati dall’UE, costringendo i paesi a ricorrere alle fonti fossili e importare energia dall’estero.

Sul tema, con argomentazioni simili, era intervenuta anche la Svezia, proponendo formalmente all’UE di vietare il mining di criptovalute. Anche il governo svedese si era mostrato scettico sull’utilizzo delle fonti rinnovabili da parte dell’industria crypto.