Tick, Tick… Boom!, la recensione: una generazione in spartito

Tick, Tick...Boom!

Il motivo per cui il musical è un genere così radicato nella tradizione statunitense sta nella sua grande capacità di raccontare l’America, nonostante un’esclusività che appartiene solo alle grandi arti o, in misura minore o meno esistenzialista, alle grandi saghe, e grazie ad un eclettismo che, ancora oggi, a più di 100 anni dalla sua nascita, continua a meravigliarci, permettendogli di adattarsi alla perfezione anche a degli usi, sulla carta, incredibilmente cervellotici. Se ci pensate, con la recensione di Tick, Tick… Boom!, parliamo di un musical sulla vita di un’autore di musical attraverso la rappresentazione di un altro musical autobiografico scritto e interpretato da lui stesso. Per di più opera prima per lo schermo da regista di un autore che vuole raccontare se stesso attraverso questo racconto, comprensibilmente molto segnante nel suo personale percorso artistico.

Lin-Manuel Miranda è uno dei maggiori, se non il maggiore (attualmente) nome di Broadway, a cui ha regalato due opere straordinarie come In the Heights, nel 2008, e Hamilton: An American Musical nel 2015, entrambi adattati, ovviamente, per lo schermo. Non meraviglia che lui, nato nel 1980, possa essere stato ispirato da un’opera come Rent, il musical che cambiò per sempre il modo di fare musical, e, di conseguenza, che la sua prima opera da regista sia dedicata a Jonathan Larson, uno dei drammaturghi e autori di musical più importanti della storia moderna del genere, vincitore di due Tony Award ed il Premio Pulitzer per la Drammaturgia. Tutti purtroppo postumi, data la sua tragica scomparsa all’età di 35 anni, prima di poter godere, finalmente, del successo a lungo inseguito.

Miranda, insieme con Netflix, racconta del Jon prima che diventasse leggenda, quando il suo micromondo girava tutto intorno a Soho, prima ancora di compiere 30 anni, universalizzandone ansie, aspirazioni, speranze e frustrazioni. Molto vive anche al giorno d’oggi.

Nel farlo si affida al carisma e al dinamismo di Andrew Garfield, un attore spesso sottovalutato e che ancora una volta regala una prova centrata, solida e molto convincente. Accanto a lui una serie di voci e musicisti straordinariamente dotate e appassionate.

Happy Birthday!

1990, New York, Jonathan Larson (Garfield) è un cameriere in un diner di Soho, immerso in una vita bohémien all’interno di un appartamento in cui ha visto avvicendarsi più di una decida di coinquilini e dove spreme la sua anima scrivendo un musical da più di 8 anni. Le ansie e le insicurezze si fanno sempre più pressanti all’avvicinarsi di un 30esimo compleanno che coincide con il workshop dell’opera a cui ha dedicato tutte le sue lacrime e tutto il suo sangue. Quel Superbia, che segnerà la differenza tra l’essere un ragazzo prodigio o un cameriere con un semplice hobby da coltivare. Il tempo scorre, tick… tick…

A raccontarci di quei giorni di confine, pieni dei visi di amici e degli amori che li hanno colorati, è proprio lui, Jonathan, interprete istrionico su un palcoscenico di Off-Broadway, con il sorriso sul volto e l’espressione di chi quei giorni ne ha fatto tesoro, vincendo una scommessa con se stesso e pagandone, senza mai un rimpianto, il prezzo fino in fondo.

Tick, Tick...Boom!

Dai jingle improvvisati per esercizio quotidiano, le bollette accumulate, gli avvisi di sfratto e i McIntosh di prima generazione, si delinea una foresta impervia in cui c’è chi scende a compromessi per avere un futuro migliore, chi prova a raddrizzare la propria strada quando oramai è troppo tardi e chi consuma tutte le sue energie nello spremere il proprio tempo per dare concretezza ad una vita che rischia di fagocitarlo nella sua approssimazione. La spinta della volontà egoistica di piegarlo, questo tempo, financo di fermarlo, sfidando l’urgenza della vita stessa. Impossibile, Lui continua a scorre. Tick… tick..

Jon pensava di essere sposato alla sua età, di avere dei figli, ma non riesce a guardare in faccia l’amore della sua vita e a dirle che è pronto a trasferirsi con lei da New York. Jon pensava di poter raggiungere la stabilità economica come il suo migliore amico, di mettersi l’anima in pace, di tenersi lontano dai guai. Jon non può resistere alla voglia di rovesciare tutto, opporsi all’America imperialista, che manda i suoi figli all’estero in Vietnam e punisce i restanti sul suolo natio, colpevolizzandoli, invece di tutelarli, anche di fronte all’epidemia dell’AIDS.

E se il tempo finisse prima di riuscire a rovesciare tutto? Finisse prima di domare l’urgenza? Se si sbagliasse a non scendere a compromessi, se non si potesse rovesciare un bel niente?

E se il workshop non andasse bene?

BOOM! Happy Birthday. Capolinea?

Vita e palcoscenico

Il musical si mischia con la vita, raccontandola e sfruttandola per raccontarsi, grazie ad un sapiente lavoro di sceneggiatura di Steven Levenson, che riesce nella straordinaria impresa di fondere queste due realtà permettendole di amalgamarsi alla perfezione in un film che ha il grande pregio di rendere tutto comprensibile, veloce e incredibilmente emozionante.

Il racconto di quei giorni di Jonathan Larson diventano una finestra per guardare alle nostre insicurezze, alle nostre inadeguatezze e alle nostre urgenze. Una generazione che si ritrova a vivere una vita alla quale i genitori non sono stati in grado di prepararla, semplicemente perché troppo diversa da quella con cui loro si sono trovati a fare i conti. Una vita in cui ritagliarsi il proprio spazio felice sembra sinonimo di arrendersi, soprattutto quando si hanno delle ambizioni maggiori, che rischiano di farsi Super Io spietato e intransigente.

Andrew Garfield

Le straordinarie canzoni scritte dal genio di Larson, perfettamente reinterpretate da un cast guidato da un Garfield straordinariamente nella parte fanno il resto, specialmente grazie alla sapiente visione di Miranda. Un fuoriclasse del genere, che sa a chi affidare coreografie e scenografie, e si diverte con i camei, che riserva a se stesso e a diversi volti leggendari del musical americano.

La sua è una regia intelligente perché consapevole di alcuni limiti dovuti alla normale immaturità tecnica, ai quali sopperisce grazie all’atmosfera creata con un montaggio elementare e coinvolgente, puntato al cuore dello spettatore, e con un tono che dell’immatura (appunto) ingenuità dei suoi protagonisti trae forza.

Tick, Tick… Boom! è il musical che salva dal precipizio. È il musical che ti fa dire che il tempo può essere un alleato, anche quando è un bastardo, anche quando si mette al servizio della tua arte, lasciando te dietro. È il musical che ti fa dire che le cose si possono rovesciare sul serio.

 

Tick, Tick…Boom! è disponibile su Netflix dal 19 novembre.

78
Tick, Tick... Boom!
Recensione di Jacopo Fioretti Raponi

Tick, Tick...Boom! è la prima opera per lo schermo come regista di Lin-Manuel Miranda, un film Netflix dedicato alla vita del leggendario Jonathan Larson, genio di Broadway scomparso anzi tempo. Un musical che si serve di un musical autobiografico per narrare la vita del suo autore, interpretato splendidamente da Andrew Garfield. Uno scioglilingua reso efficace, coinvolgente e scorrevole dalla scrittura di Steven Levenson, in grado di rendere universale la storia del protagonista e impreziosito da una regia sentita di Miranda, una grande scenografia e dei brani indimenticabili. Al netto dell'essere in parte acerbo, la pellicola coinvolge fino alla fine lo spettatore, dando vita a qualcosa di realmente originale.

ME GUSTA
  • La scrittura, in grado di mischiare perfettamente musical e vita reale.
  • Il palpabile coinvolgimento che ha mosso gli autori del film nella lavorazione.
  • La prova del cast, Garfield in primis.
  • I brani e la loro esecuzione, anche coreografica.
  • Le scenografie.
FAIL
  • Qualche sequenza registica un po' acerba.
  • Qualche momento meccanico nella narrazione.
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