Abbiamo intervistato l’autore Roberto Recchioni durante Lucca Comics & Games 2021 e abbiamo voluto affrontare diversi argomenti, da Dylan Dog, al film di Diabolik fino all’ultima sua opera dedicata al cane Grinta.

Ogni qualvolta ci si appresta a chiacchierare con Roberto Recchioni sai dove inizierai, ma probabilmente non conoscerai mai la fine ne tantomeno il percorso che vorrai affrontare, a causa delle sue innumerevoli sfaccettature come autore.

In questa intervista realizzata a Lucca Comics & Games 2021, in una particolare location (altra cosa che adoro di Lucca la possibilità di conoscere autori in spazi intimi cittadini e non in fredde sale stampa) abbiamo voluto affrontare con Recchioni diversi argomenti, dalla pandemia ai social network così importanti in questi anni, ma che forse è giusto rivedere e riflettere sotto alcuni punti.

Non potevamo non dedicare alcune domande a Dylan Dog con un occhio di riguardo anche al cinema e all’imminente uscita di uno dei primi (si spera) successi di cinecomics all’italiana come Diabolik. Infine il progetto sul cane Grinta, così diverso dai soliti progetti dell’autore romano, ma così intimo che lo rende un piccolo gioiello da sfogliare in ogni momento, adatto ad ogni generazione.

Intervista a Roberto Recchioni

Le sensazioni di questa Lucca Comics & Games 2021?

Una sensazione strana i primi giorni si nota e quello è indubbio, come quel grande spazio vuoto al posto dell’area Games, dei parcheggi stranamente facili da trovare che non è solito da Lucca. Si tratta ovviamente di una fiera che ha dovuto affrontare una serie innumerevoli di problemi, spazi diversi, una fiera molto più piccola quasi a “misura d’uomo”, si nota meno la grandezza delle varie Lucca Comics pre-pandemia, ma che nonostante tutto e nonostante sia al 50%, è comunque migliore di tantissimi altri festival in giro per l’Europa: sta così avanti come storia e impostazione che anche con spazi totalmente rivisti si tratta del festival d’intrattenimento migliore che abbiamo. Proprio per questo mi sento di dire personalmente che è stata la Lucca in cui sono stato meglio forse di sempre, dove ho venduto tanti fumetti senza alcuna tensione, ho partecipato a bellissimi incontri ed eventi, incontrato persone che amo e soprattutto incontrato tantissimi lettori.

 

Quanto la pandemia ha influenzato la tua scrittura e il tuo disegno?

Non tantissimo direi, a livello pratico ha cambiato poco perché come autore e illustratore sono abituato a lavorare da casa, nella mia quotidianità ho risentito giusto il fatto che le consuete riunioni Bonelli a Milano le abbiamo svolte in smart-working altrimenti la nostra vita è molto “casalinga”. Detto ciò credo che sia ancora presto e prematuro comprendere appieno come la pandemia abbia influito sulle nostre vite lavorative e artistiche, forse tra un paio d’anni quando tutto sarà (si spera) finito riusciremo a capire come siamo cambiati come uomini e come autori. La pandemia per me è stata una grande fatica, soprattutto quando quasi per forza il proposito era quello di “essere migliori e positivi” quindi direi assolutamente che i cambiamenti li vedremo tra diversi anni.

 

Il progetto “Grinta” come nasce e perché?

Nasce da un’esigenza data da un avvenimento ben specifico: più o meno un anno fa sono stato investito, da un pirata della strada, in motocicletta quando mi trovavo fermo su una piazzola di emergenza . Le successive operazioni (con ipotesi che andavano dall’amputazione alla possibilità di non camminare più) mi hanno costretto a rimanere per molti mesi fermo immobile e bloccato sul divano, cosa che mi impossibilitava a portare fuori il mio cane. Dato che Grinta è molto vecchio uno dei miei pensieri è stato “chissà se riuscirò a portarlo di nuovo a fare delle passeggiate”, cosa che in realtà ho sempre odiato, ma in quello specifico momento mi mancava e non poco.

Quindi è nata questa idea di immaginarmi le passeggiate con Grinta dove io avevo la gamba funzionante e lui era un po’ meno vecchio di quello che è, un libro quasi fantasy praticamente. Il progetto poi è cambiato a mano a mano perché inizialmente erano strisce che facevo per me, poi dopo le prime pubblicazioni su Instagram hanno avuto un riscontro molto importante e quando sono riuscito ad avere un buon materiale per farci una raccolta ho deciso di pubblicarlo spinto anche da diversi editori interessati al prodotto. Un progetto a differenza di tante altre mie cose veramente molto spontaneo, dove è nata prima l’opera e poi è arrivato il libro. Inoltre questo periodo mi ha fatto da una parte scoprire una condizione di autore molto più intima e dall’altra esplorare un mondo che mai avrei preso sotto esame.

 

Qual è il tuo rapporto con i social?

Anche qui ci sono alcune considerazioni da fare. Uno è strettamente personale, ora non mi ci ritrovo più anche se io amo i social network, mi piace molto Internet in generale. Credo di aver passato ogni possibile mezzo dai forum, ai newsgroup fino di approdare ai nuovi social, adoro Internet perché ti mette in contatto con le persone e hai il sapere quasi a portata di un click rendendoci quasi onniscienti. Se dovessimo fare un paragone Internet ci avvicinava a Dio perché ti rendeva colmo di sapere in pochi minuti e presente in ogni parte del Mondo tu volessi stare. Purtroppo alla luce di quello che vediamo oggi credo che abbiamo tradito quelle speranze, la parte bella di quel sogno è svanita, le multinazionali si sono spartiti la torta, le notizie non vengono più dal basso, ma devono rientrare solo in alcuni meccanismi e Facebook è ormai un aggregatore d’odio e basta. Va meglio su altri social, ma dipende sempre dal bacino d’utenza ovviamente, su Instagram sembra che di pazzi ne arrivino molto meno, ma è tutto rapportato anche ai followers.

C’è tanto veleno nei social, noi facciamo finta anche che non arrivi, ma la realtà è che comunque l’odio e alcune parole segnano, basti ricordare che gli autori di Game of Thrones si sono tagliati fuori dai social perché non riuscivano più a leggere i commenti nei loro confronti è sicuramente un esempio calzante di quello che possono fare.

 

Il settore fumetto ha risentito della crisi pandemica?

Qui la percezione è già più tangibile. Assolutamente ne ha risentito in positivo, a parte qualche raro caso dove gli editori hanno preso la scusa della pandemia per pagare di meno i propri collaboratori, ma qui è una storia che non c’entra con l’emergenza Covid. In generale hanno riscontrato dei numeri molto importanti di crescita, soprattutto nel settore manga andiamo da case editrici che hanno rilevato un ­+20% ad altre che sono riuscite a fare un +200%. Anche le graphic novel hanno riscontrato un aumento importante, tutto dato dall’intrattenimento maggiore che si usufruiva durante i mesi a casa che poi si trasformava in “cerchiamo la storia da cui è tratto quell’anime o serie tv o film”. Un po’ ha patito l’edicola, per la condizione particolare di essere un luogo che stava in strada, ma in libreria di varia le cose sono andate più che bene.

 

Dylan Dog che cosa vuole fare da grande?

Ad oggi è cambiata un po’ la linea, siamo passati da una condizione molto urlata al post Vasco dove invece sarà tutto più moderato nella comunicazione, più sobrio se vogliamo usare questo termine. Ci sono dei progetti molto interessanti in futuro soprattutto per gli amanti del vero Dylan però questi anni saranno abbastanza “tranquilli”, se rischiamo di impiegare questa parola nell’universo di Dylan.

 

Sei contento delle storie che fin qui hai scritto per Dylan o vorresti ancora scovare qualcosa?

Per quello che riguarda me sono molto contento del ciclo 666, che sono le ultime storie che ho pubblicato e che mi mettono molto in pace con Dylan perché ho raccontato delle storie che mi andava di raccontare e di far scoprire ai lettori. Adesso non so quante ne ho ancora da raccontare su Dylan Dog, ovviamente mi sto dedicando più al lavoro “classico” da curatore quindi ricercare sceneggiatori interessanti, capaci che riescono ad interpretare il personaggio al meglio senza tradirne le caratteristiche principali che rendono ancora Dylan Dog uno dei fumetti più letti del panorama italiano.

 

Diabolik il film potrebbe aprire la strada ai cinecomics italiani, qual è la difficoltà nel far sì che questo accada?

Sono dei cinema diversi sicuramente, non che l’America ci abbiamo meno perché sono più o meno dieci anni che la Marvel ha iniziato realizzare il proprio progetto e nonostante tutto la controparte DC ha fatto scivoloni tremendi per poi capire che deve fare solo progetti personali senza rincorrere un filo comune. Il problema è che fino adesso non c’è stato un reale rispetto per l’opera e per gli autori coinvolti, ciclicamente ci sono fumetti che diventano film e il più delle volte l’autore non è nemmeno coinvolto il che da una parte potrebbe anche andare bene perché il film è figlio del proprio autore e lo stesso deve sentirsi libero di interpretarlo però se c’è una cosa che la Marvel ci ha insegnato è che se vuoi sfruttare davvero un fumetto per rendere il film di successo è che “la mela non dove cadere troppo dall’albero”.

Tifo molto ovviamente per ill film dei Manetti Bros perché lo vedo un’operazione pensata molto bene, con il budget e cast giusto, lo spirito adatto che avrebbero apprezzato anche le Giussani sicuramente. Per il discorso di Dylan le notizie sono ferme alla produzione di James Wan, con gli americani coinvolti e la Sergio Bonelli dentro al progetto quindi il personaggio dovrebbe essere al sicuro. Per il futuro ci sono sicuramente due opere che faranno da spartiacque per i prossimi progetti legati ai fumetti italiani: la serie tv Netflix di Zerocalcare e ovviamente Diabolik. Se andranno bene questi due progetti, come lo speriamo tutti, allora si aprirà una pagina molto interessante.

 

Nell’anno del grande ritorno al fantasy, con La Ruota del Tempo di prossima visione e Il Signore degli Anelli in arrivo, il tuo rapporto con questo genere e quando vedremo il terzo capitolo della saga YA.

Un genere che leggevo da ragazzo, lo ritengo meraviglioso che però porta a trovare troppe storie, vengono scritti così tanti romanzi fantasy in un anno che il 90% è puramente illeggibile. Le storie dove non sono vergognose probabilmente sono straordinarie. A seguito dei soliti autori che scrivono del solito prescelto e della solita spada ogni tanto esce un qualcosa di straordinario come l’opera di Scott Lynch, un fantasy altissimo. Qualcosa di molto interessante comunque si sta muovendo in Italia, che si sta distaccando un po’ dalla solita visione tolkieniana e anglosassone, con un movimento più italico come lo Spaghetti Fantasy che sta sfornando sempre più scrittori interessanti. Il fenomeno di Brancalonia racconta di una fetta di pubblico interessata, e non poco, a questo tipo di storie e sono molto fiducioso sui prossimi anni a venire per il fantasy nostrano, conscio che la serie Tv su Il Signore degli Anelli riaprirà di nuovo tutti i giochi.

Il terzo YA è in lavorazione avanzata, mi è stato rimandato più volte perché è stato opzionato da una realtà molto grande per una serie Tv, che non significa che si farà, però mi ha bloccato per diverse situazioni proprio legate alla possibile uscita sugli schermi di YA. Mi piacerebbe mantenere la sua autonomia, libro che sarà dedicato tutto al personaggio di Marta e alla ricerca dell’anima di Stecco negli Inferi però mi piacerebbe, dato che alla fine i libri mi piace venderli, che ci fosse un’armonia anche con la serie qualora venisse fatta. Mi sto sentendo quasi come Martin, potrebbe essere divertente quella di seguire il classico stereotipo dello scrittore fantasy che annuncia la fine della trilogia e che non porta a termine il suo progetto.

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