Durante “l’angosciosa deriva di Sant’Elena”, prima della morte, Napoleone pensava – leggiamo nelle memorie – che i posteri lo avrebbero ammirato non solo per le battaglie, ma per avere portato al popolo cultura e bellezza, creando la scuola pubblica e l’idea moderna di museo universale. È a partire da questo aspetto della sua esistenza che nasce Napoleone. Nel nome dell’arte, un documentario con la guida eccezionale del Premio Oscar Jeremy Irons, prodotto da 3D Produzioni e Nexo Digital in partnership con Intesa Sanpaolo e Gallerie d’Italia e in arrivo nelle sale italiane solo l’8, 9, 10 novembre.

Su soggetto di Didi Gnocchi, che firma la sceneggiatura con Matteo Moneta, Napoleone. Nel nome dell’arte è diretto da Giovanni Piscaglia e propone la colonna sonora originale del compositore e pianista Remo Anzovino.

Scrittore mancato, lettore compulsivo, ammiratore dell’arte e della sua forza di comunicazione, Napoleone fu spinto alle sue imprese dalla brama di potere e di gloria, ma anche dal bisogno di conoscenza e dall’ambizione di associare la sua immagine alle grandi civiltà del passato. Durante le campagne militari, promosse ricerche, colossali furti di opere e scavi archeologici, soprattutto in Italia e in Egitto, da cui nacquero scoperte come quella della Stele di Rosetta e la fondazione dei primi musei pubblici del mondo: il Louvre di Parigi e, sul suo esempio, la Pinacoteca di Brera di Milano. Mente infaticabile, memoria prodigiosa, appassionato di ogni disciplina, Napoleone (1769-1821) trasformò il suo naturale senso di superiorità in istinto paterno: i cittadini dell’Impero erano per lui figli da educare, con i dipinti, le sculture, la musica, il teatro. Nei territori conquistati portò riforme scolastiche, rivoluzioni architettoniche e urbanistiche e un nuovo modo di intendere il classicismo: lo Stile Impero, di cui parte integrante è la figura del sovrano, effigiato in busti di marmo, monete e tabacchiere, oppure solo citato attraverso la celebre N.

Punto di partenza del film è l’incoronazione di Napoleone a re d’Italia nel Duomo di Milano il 26 maggio 1805: un momento che sottolinea lo stringente legame col mondo greco-romano, con quello rinascimentale e persino con l’eredità longobarda, rappresentata dalla Corona Ferrea che Napoleone volle indossare al culmine della cerimonia. Inoltre, per la prima volta da allora, è stato fatto trascrivere, orchestrare ed eseguire in Duomo il Te Deum di Francesco Pollini, che fu composto e suonato per l’incoronazione e che è stato solo recentemente ritrovato dalla docente del Conservatorio di Milano Licia Sirch tra le carte dell’Archivio di Stato: nel film lo vediamo eseguito in prova generale presso la Sala delle Cariatidi di Palazzo Reale e poi nella cattedrale di Milano dall’Orchestra Fondazione “I Pomeriggi Musicali”, diretta da Marco Pace, con il mezzosoprano Giuseppina Bridelli. Per l’occasione seguiremo anche il restauro del manto indossato quel giorno da Napoleone e degli oggetti cerimoniali che lo accompagnavano, preziosa opera di recupero legata al progetto Restituzioni di Intesa Sanpaolo.

Leggi anche: