Google ha pressoché un monopolio dell’industria delle inserzioni pubblicitarie online, lo sostiene il Garante della concorrenza e dei consumatori dell’Australia. L’authority sostiene che circa l’80-90% delle impression pubblicitarie visualizzate dal pubblico australiano siano riconducibili ai servizi di Google, in forma diretta o indiretta.

L’ACCC punta il dito contro la rete eterogenea – e per certi versi totalizzanti – dei servizi di Google: dal motore di ricerca a YouTube, passando per Gmail, Google Calendar, Google Docs, Google Contacts, Google Sites, Google Meet e Google Chat. Una rete in grado di raccogliere un’enormità di dati sulle attività online degli utenti.

Nel 2021 le aziende australiane hanno speso quasi 10 miliardi di dollari per la pubblicità online. L’ACCC suggerisce di riformare il settore imponendo maggiore trasparenza sul processo end-to-end che porta dalla raccolta dei dati alla comparsa delle inserzioni sullo schermo dell’utente. L’authority suggerisce anche di imporre regole più ferree sulla profilazione dei dati e sul metodo di calcolo delle tariffe pubblicitarie.

Google ha contestato il report dell’ACCC, suggerendo che l’authority non abbia preso adeguatamente in considerazione il mercato delle inserzioni pubblicitarie fornito da piattaforme come Facebook, Twitter e Snapchat. L’azienda sottolinea anche come il suo servizio di advertising sia usato soprattutto da piccole e medie imprese. “Contribuisce all’economia australiana per 2,4 miliardi di dollari all’anno”, chiosa Google.

Ma da Google arrivano anche delle rassicurazioni: «siamo pronti a lavorare con il legislatore e con gli altri player dell’industria per sostenere un mercato delle inserzioni pubblicitarie il più sano possibile».