La nostra recensione di L’événement è pronta a prendere piede a partire dal contesto storico in cui la vicenda si svolge: siamo nella Francia degli anni ’60, periodo in cui l’aborto era considerato illegale e quindi un reato punibile con il carcere. In questa realtà storica si fa largo la disavventura di Anne, una studentessa modello che resta incinta e farà il possibile per perdere il bambino, anche a costo di morire.
Quest’ultima vuole affermarsi nella carriera per avere un futuro degno di nota, ma quando capisce di essere in dolce attesa (il mestruo è bloccato da un po’) vediamo emergere in lei tutto il suo dolore, dato dalla paura e dalla vergogna per la sua condizione e per le difficoltà che tale stato porta con sé.
Piano piano Anne si ritrova sempre più sola a causa della sua gravidanza: anche gli amici la allontanano, mentre la pancia diventa più evidente nel corso delle settimane che passano. Nemmeno i medici sono intenzionati ad aiutarla ad abortire. Tra questi, c’è addirittura chi le prescrive a sua insaputa delle iniezioni che invece di indebolire in feto lo rinvigoriscono, rendendo ogni suo tentativo di perdere il bambino vano. Così Anne prova e riprova a eliminare il feto, e lo fa usando degli strumenti che lascia penetrare nella parte più intima del suo corpo per uscire da questo stato d’ansia che la attanaglia. Tutto ciò in una società dove l’aborto è considerato un crimine, tanto che il suo medico, dopo le varie prove della ragazza, le dice che l’unica cosa da fare ormai è accettare la maternità.
A Venezia 78 quest’anno il tema della maternità è spesso presente, come in Madres Paralelas, ma L’événement punta sul tema dell’aborto.
Come vedremo nella recensione di L’événement, non fa eccezione nemmeno il film diretto da Audrey Diwan, basandosi su una sceneggiatura scritta dalla stessa Diwan e Marcia Romano, e con protagonista Anamaria Vartolomei. Quest’ultima è perfettamente in parte dall’inizio alla fine. Non c’è un’espressione fuori luogo, un momento di assestamento, una battuta fuori posto o di arresto. L’attrice, forte della sua espressività, manifesta tutto il suo turbamento interiore, anche quando le acque sembrano calmarsi. Dentro di sé, infatti, emerge un vortice di sentimenti negativi, dove la speranza di abortire si fa sempre più labile e la sua paura ancora più insistente.
Questo stato d’animo, perennemente messo in luce dai primissimi piani del volto della Vartolomei, è onnipresente. Il viso di quest’ultima è spesso tirato, diffidente, impaurito, vuoto, come se avesse perso la gioia di vivere e non le restasse altro da fare che rassegnarsi ad accettare la sua gravidanza. I sorrisi non sembrano contemplati dalla regista, e infatti la pellicola è caratterizzata da un alone di freddezza che emerge in ogni sequenza e che rende L’événement di una profondità sorprendente e di una pesantezza emotiva altrettanto forte. Un po’ per il tema trattato, quello dell’aborto, un po’ per la staticità con cui gli eventi accadono. La sceneggiatura, inoltre, è composta da poche parole che però sintetizzano la vera anima di Anne, dove i fatti più incisivi vengono mostrati attraverso immagini di violento impatto visivo.
La paura e la vergogna
Il contesto storico non viene approfondito con grande attenzione: sappiamo che la storia di svolge all’interno di una Università e che siamo nella Francia del 1963. L’aborto era illegale – punibile con la prigione, perché le donne non avevano il diritto di decidere per la propria vita – e quindi queste ultime non potevano sottrarsi al loro ruolo di madri nel caso di una gravidanza inaspettata, come accaduto alla protagonista. Anne, però, sa bene cosa vuole dalla vita e non si lascia scoraggiare da tutto ciò che sente e dal giudizio delle persone, che comunque non perdono occasione di farle pesare la sua condizione.
Crescono così i sentimenti di paura, per un futuro incerto, e di vergogna, a causa degli occhi della sua cerchia puntati addosso per la sua intenzione di perdere una parte di sé.
La protagonista, non potendo contare su nessuno, accetta il consiglio di un amico che le passa il contatto di una donna. Quest’ultima ha già aiutato molte persone ad abortire, nonostante l’uso di attrezzi poco sicuri, come potevano esserlo i ferretti sterilizzati per lavorare a maglia.
Non è solo l’interpretazione di Anamaria Vartolomei a rendere bene la sensazione di disagio e malessere provata da Anne. In questo caso gioca un ruolo fondamentale la regia, che segue la protagonista ovunque, lasciandoci immergere in un’atmosfera dai caratteri quasi horror, dove la cupezza e il dolore, compresa di grida e silenzi, la fanno da padrone. Una macchina da presa ingombrante, che non si allontana dall’interprete principale neppure nei momenti più intimi, ma anzi è sempre pronta a cogliere ogni dettaglio.
Quello che delude le aspettative è la mancanza di approfondimento per quanto riguarda il contesto e i personaggi, compresi i relativi rapporti tra di essi. Audrey Diwan, infatti, si concentra soprattutto sulla protagonista e il tema dell’aborto, senza però andare a fondo nemmeno nella descrizione di Anne. Possiamo dire quindi che le parole dei personaggi secondari sono molto utili per comprendere la realtà di quel tempo.
Una storia sbagliata
La storia è ben strutturata: non mancano didascalie che scandiscono il passare delle varie settimane, facendoci capire appieno il cambiamento di Anne nel corso di L’événement. Da segnalare è anche la forza espressiva con cui viene delineato il tema centrale del racconto, ovvero la condizione femminile in quel dato periodo storico e delle difficoltà che tale stato poteva imporre. Una condizione, possiamo dire, inaccettabile, se pensiamo a quanto sia mutato il pensiero in questo senso da allora. Il film, tra l’altro, ci rende più consci di una realtà che i medici obiettori di coscienza hanno reso a quel tempo più difficile da gestire.
Nessuno dovrebbe essere privato della libertà personale, di decidere della propria vita in base alle proprie possibilità e alle proprie aspirazioni per il futuro. Eppure in un tempo nemmeno troppo lontano da noi, le persone erano spinte dalla società e dalla legge, incomprensibile, a farsi del male fisico per evitare problemi con la giustizia e allo stesso tempo perseguire i propri bisogni. Un evento assurdo, ci viene da pensare adesso che questa libertà, quella di poter abortire e senza conseguenze letali – dovute ai tentativi pericolosi di perdere il feto – o giudiziarie, è in nostro possesso.
C’è da dire però che ancora oggi non mancano polemiche legate all’aborto. La società è divisa tuttora tra chi condivide l’atto in sé come scelta libera e chi invece afferma essere qualcosa di riprovevole perché ai loro occhi si tratta di un omicidio. Per fortuna, però, la legge ha deciso per il libero arbitrio nei primi 90 giorni di gravidanza. Siamo liberi di pensare ciò che vogliamo sul tema, senza temere alcun giudizio, certo, ma in ogni caso qualcosa di buono la legge 194 l’ha fatta: le donne hanno ottenuto il diritto di decidere per se stesse, e non è poco.
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L'événement è un film che sa il fatto suo, capace di rendere chiaro come veniva vissuto il tema dell'aborto nella Francia del '63 con sequenze studiate in ogni dettaglio e caratterizzate dalla volontà di far immergere lo spettatore nel dramma di Anne: la macchina da presa segue la protagonista in ogni sua azione, permettendoci di cogliere lo stato di perenne paura di quest'ultima. Non tutto viene approfondito, ma interpretare il periodo storico è immediato, anche grazie alle parole dei personaggi secondari.
- La regia minuziosa
- L'interpretazione di Anamaria Vartolomei
- L'atmosfera cupa
- Il contesto non viene approfondito, né tanto meno i personaggi della storia.