Una delle più inaspettate e piacevoli sorprese del concorso della Mostra del Cinema di Venezia ci arriva dagli argentini Gastón Duprat e Mariano Cohn che firmano un’opera dissacrante, ironica e dal finale agrodolce che si mostra essere una lunga riflessione sul mondo dell’arte, del cinema e dell’industria dell’intrattenimento.
In questa recensione di Official Competition, il quale sarà distribuito in Italia da Lucky Red anche se non c’è ancora una data d’uscita, andremo ad analizzare la pellicola di Duprat e Cohn che, alla fine della giostra, mettono in scena gran parte del loro lavoro: fare un film.
Spesso e volentieri il mondo del cinema viene idealizzato, si pensa che per fare un film basti una buona idea (che comunque sarebbe già tanto averla) e un po’ di soldi ed il gioco è fatto. Non si ha la minima conoscenza, invece, di quante dinamiche possano effettivamente entrare in gioco, a partire proprio dalla produzione, dai mille problemi di realizzazione, per poi continuare con gli attori che non sempre si dimostrano collaborativi e disponibili.
E poi ci sono tutti gli elementi logistici, i viaggi da organizzare, contratti da firmare, esigenze da rispettare (anche le più disparate), avvocati da dover fronteggiare. In poche parole, fare un film non è certo una cosa semplice e l’ambiziosa, stravagante e talentuosa regista Lola Cuevas (Penélope Cruz) ne sa qualcosa.
In Official Competition Lola diventa il mezzo attraverso cui veicolare l’essenza stessa dell’arte, nel bene e nel male. L’arte è cangiante, volubile e, soprattutto, l’arte non può essere confinata in compartimenti stagni, regole fisse e pretendere che tutto ciò che è di facile comprensione sia bello, mentre il messaggio più nascosto, il film più sperimentale e diverso dal canone sia brutto.
Ed è proprio Lola a dire, più o meno, queste parole mentre la realizzazione del suo prossimo film, tratto da un romanzo di successo con protagonisti due fratelli rivali in tutto, diventa il mezzo perfetto per parlare di cinema, parlare di arte e della relazione che c’è tra spettatori e film, ma anche tra gli stessi attori, registi e addetti ai lavori.
Una parabola sul mondo dell’arte, tra risate e contraddizioni
Il miliardario proprietario di una casa farmaceutica arrivato alla soglia dei 70 anni decide di lasciare un segno importante del suo passaggio e, quindi, di fare un film o meglio di produrlo. Ma non un film piccolo o scialbo, un film di nicchia o con una storia troppo complessa. No, deve essere un grande successo internazionale con la miglior storia possibile e un cast stellare. Ed ecco che entra in gioco la famosa Lola Cuevas la quale ingaggia due rinomati attori di enorme talento: Félix Rivero (Antonio Banderas), attore hollywoodiano, e Iván Torres (Oscar Martínez), illustre interprete del teatro radicale.
I due attori sono tanto conosciuti e bravi, quanto incredibile egocentrici e diversi. Il rapporto astioso tra Félix e Iván mette subito in chiaro una delle prime tematiche del film, nonché lo stesso titolo: una spietata competizione che pone la recitazione sotto molteplici punti di vista. Non è una novità confrontarsi con diverse scuole di pensiero per quanto riguarda la recitazione e il modello recitativo; mettiamoci anche che gli attori di teatro e gli attori di cinema, fin dall’alba dei tempi, non hanno mai avuto un grande rapporto, visto che anche come i secondi abbiano allontanato nei secoli il pubblico dai primi.
Ovvio che questo è ormai più un clichè che altro, eppure ancora oggi questa sottile rivalità su chi sia più “talentuoso di un altro” è un dibattito ancora caldo.
Il film però, attraverso la figura di Lola, utilizza questa tensione come stimolo per poter usare quel tipo di emozione proprio sui personaggi che i due attori dovranno interpretare: questi due fratelli rancorosi e vendicativi. La regista inventerà una serie di sfide, sempre più estreme, sempre più stravaganti, mettendo a dura prova tanto la pazienza, quanto la competizione e lo spirito artistico dei due. I due attori non dovranno confrontarsi solo tra di loro, ma anche con il proprio lascito artistico, rendendo parte del film sempre più una riflessione sul ruolo dell’attore, sul suo lavoro e sulla sua personalità.
Che cos’è un’artista?
Come stiamo osservando in questa recensione di Official Competition, la pellicola parte da una serie di critiche e riflessioni sul mondo artistico.
La prima è sicuramente dettata dalla necessità di fare l’arte. Da dove nasce questo bisogno? Come viene alimentato? E come si struttura?
Il libro da cui è tratta la storia del film di Lola, è un libro che il suo produttore non ha neanche letto. Ma è un libro importante perché ha vinto numerosi e prestigiosi premi. Letto in tutto il mondo. Amato dalla critica, dalle persone. Sarà di sicuro un grande libro. Certo, questo però il nostro produttore improvvisato non può saperlo perché lui il libro non lo ha letto. Non serve. Basta vedere quanti premi ha vinto. Quanto ha fatto parlare di sè.
Questo è un discorso spesso affrontato nel mondo artistico. Il sentirsi in diritto di parlare di qualcosa senza necessariamente conoscere quel qualcosa, per esempio. Lola affronta anche come una forma di sfida questa mancanza di rispetto nei confronti dell’opera, al tempo stesso però vuole fare sua l’opera, creare la sua di storia, perché l’arte è anche questo: costruire, demolire, ricominciare.
Una sfida che detta il ritmo della pellicola: incalzante, mai prevedibile, stimolante, riflessiva.
La comicità messa al servizio della riflessione, della critica, dell’analisi. Le dinamiche lavorative messe in scena – perché la pellicola parla anche di quanto sia complesso fare un film – vengono snocciolate tra battute divertenti ed esilaranti ma che lasciano, soprattutto per chi conosce bene questo settore (ma non solo), un po’ di amarezza. Del resto, una serie TV cult come Boris – facendo un esempio nostrano – ci ha costruito un vero e proprio impero.
Del resto, sono molti esempi cinematografici che mostrano e hanno mostrato il processo di creazione di un film con tutti i suoi problemi di produzione e difficoltà di realizzazione. Eppure sono sempre pellicole che si fermano più sul lato tecnico, non approfondendo mai quello artistico. È indubbio, invece, in questo caso come l’obiettivo di Official Competition sia proprio quello di approfondire e mostrare le diverse sfumature più etiche e morali del ruolo dell’artista e, quindi, del ruolo dell’arte.
Cosa deve fare un attore per essere tale? Saperci emozionare, arrivare al grande e piccolo pubblico, suscitare in noi sensazioni contrastanti dalla gioia al dolore, dal pianto alla risata. Il suo mestiere è fare questo. Ma come può farlo? Come può provare quel tipo di emozione se non ci è mai davvero passato? Ma soprattutto, lo fa per amore dell’arte e, quindi, per arrivare sinceramente al pubblico o lo fa per fama, mero ego personale per avere il gusto di dire: “sono io l’attore migliore!”?
E poi c’è la questione dei premi, escamotage riuscitissimo che segna uno dei passaggi, nonché una delle scene, più intense e potenti del film: è un premio a misurare il valore di un’artista? La sua bravura? È il premio a fare dell’uomo un artista oppure no?
Ecco, il film di Gastón Duprat e Mariano Cohn indaga anche su questa relazione complessa e straordinaria tra l’attore e il suo ruolo, solitamente nascosta alla vista del grande pubblico. E l’uso di questi tre grandi attori, immersi in ruoli artistici, quindi una regista e due attori di cinema e teatro, esalta ancora di più questa riflessione che mette in relazione il processo di creazione artistica, la competenza professionale, l’ego e il bisogno di prestigio e riconoscimento.
Un film in un film ad un Festival nel Festival
Official Competition ci permette di perderci nel mondo del cinema non solo attraverso i temi che, in un crescendo di tensioni che porteranno ad un finale veramente inaspettato, conferiscono al film un gusto tanto divertente quanto sarcastico, ma gioca anche con quelli che sono i processi delle pellicole una volta realizzate; quindi, i festival, la critica ed il pubblico.
In una Venezia così ricca e, soprattutto, in un momento storico in cui il valore del cinema è costantemente messo sotto il microscopio, dividendo il tutto in macrocategorie tra mainstream, cinema d’autore, cinema streaming, cinema in sala e chi più ne ha più ne metta; è interessante perdersi anche nelle dinamiche di post produzione e quindi la riflessione sul valore dell’arte per la stampa e per il pubblico, prendendo anche un po’ in giro queste ultime categorie attraverso la rappresentazione della presentazione del film al festival.
E, quindi, Official Competition diventa anche il titolo di un film presentato nel concorso ufficiale di un Festival, esattamente come è avvenuto. Ok, forse ci stiamo perdendo tra le parole, ma il gustoso meta che prende il sopravvento nella pellicola, facendo sentire ancora più coinvolti e vicini alle dinamiche, rende la pellicola ancora più brillante.
Non solo una sceneggiatura accurata e una regia che prova a farci vivere in prima persona la realizzazione di un film, dal montaggio al sonoro, partendo dalla lettura copioni fino all’organizzazione dei giorni sul set, ma anche un cast affiatato e brillante.
Penélope Cruz si cimenta in un ruolo geniale e divertente, sicuramente uno dei più riusciti dell’attrice spagnola che abbiamo già potuto apprezzare in apertura Festival con Madres Paralelas di Almodóvar.
Riesce a restituire la perfetta essenza di un personaggio scomodo ed imprevedibile. Un personaggio, una donna senza peli sulla lingua, determinata ma anche molto fragile.
Lola funge da narratrice di tutto quanto, lente di ingrandimento e vera e propria regista non solo del film che sta facendo ma anche dello stesso film di cui è protagonista. Analizza, sviscera, riflettere. Soffre ed ama per il suo lavoro, ma al tempo stesso è una personalità provocatoria, disincantata. Attraverso questo personaggio, i due autori del film spogliano l’attore – ed il cinema di conseguenza – di tutta quella patina più superficiale, quella che vai dai premi ai capricci.
La Cruz si fa quindi portavoce di cineasti che credono ancora nella potenza del cinema, sanno come affrontare le difficoltà maggiori ma non possono fare a meno di interrogarsi sulla percezione, sul perché il cinema dovrebbe rispondere ad una sola idea di racconto, sul perché un film compreso è bello e uno incompreso è brutto.
Sono molte le riflessioni che si accompagnano in questo film e che prendono forma attraverso i ruoli di Antonio Banderas e Oscar Martínez, entrambi straordinari e, quindi, non da meno della Cruz. Banderas e Martínez lavorano sullo scontro, il sentimento competitivo e la diversità dei loro personaggi, mostrando un profondo rispetto, stima del lavoro reciproco e armonia sul set che trapassa dalla pellicola.
Sicuramente un’enorme prova attoriale, soprattutto per Banderas, dove si cimentano più e più volte in sfide, gare, monologhi, pressioni da Lola e da sé stessi. Verranno quasi consumati da questa competizione, immortalandosi entrambi in sequenze da pelle d’oca.
Potremmo dire che Official Competition è esattamente il film che non ti aspetti da un Festival del cinema ma che racconta perfettamente le dinamiche di quest’ultimo. Una pellicola che si è rivelata essere la vera e propria sorpresa di una Venezia carica di pellicole molto più in vista del film dei due argentini, ma che qualcosa ci dice potrà ancora sorprenderci in avvicinamento delle premiazioni. Chissà!
Segui la 78esima Mostra d’Arte Internazionale del Cinema di Venezia, dal 1 all’11 Settembre, con noi sull’hub: leganerd.com/venezia78
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Official Competition è una lunga parabola sul mondo dell'arte e del cinema, sul valore dell'attore e sul suo rapporto con la recitazione. È anche un film sulla realizzazione artistica di un film, sul suo scopo e sulla sua relazione con pubblico e addetti ai lavori. Una commedia brillante e sagace, riflessiva e suggestiva che si conclude in un finale inaspettato e che ha al suo centro tre attori meravigliosi, uno più bravo dell'altra.
- Il tema del film, il suo essere una lunga riflessione sull'arte e sul valore dell'attore
- Il tono brillante, divertente e sarcastico. Si ride dall'inizio alla fine, ma senza mai scivolare in battute gratuite o grottesche
- L'armonia e bravura dei tre interpreti principali, semplicemente perfetti
- Escamotage tecnici per rendere ancora più realistica la realizzazione del film nel film
- Da troppo per scontato la conoscenza del linguaggio artistico e del cinema, rischiando col diventare una pellicola più per addetti ai lavori che per un pubblico generalista