Io sono Macchia Nera – intervista a Marco Nucci

Le letture estive dei fan di Topolino sono state turbate dall’inquietante storia “Io sono Macchia Nera”, pubblicata sui numeri 3429 e 3430 del settimanale e, come suggerisce il titolo, dedicata al ritorno in pompa magna di uno dei villain più caratteristici di tutto il panorama Disney mondiale.

Macchia Nera (Phantom Blot in originale), nasce per mano del celebre disegnatore Floyd Gottfredson e appare per la prima volta nel 1939 sulle strisce quotidiane scritte per mano di Merrill De Maris, nella storia Outwits the Phantom Blot, in Italia tradotta come Topolino e il mistero di Macchia Nera.

Il personaggio segna in maniera indelebile l’immaginario dei lettori Disney

Nella sua prima incarnazione il personaggio segna in maniera indelebile l’immaginario dei lettori Disney a causa della particolare efferatezza dei suoi crimini, caratterizzati dall’impiego di complessi macchinari letali e da un approccio persecutorio in cui la presenza del villain, pur rimanendo sullo sfondo, crea sempre un’inquietudine e una tensione degna dei migliori polizieschi.

Dopo una pausa di oltre 15 anni Macchia Nera ricompare nel 1955 nella storia realizzata in Italia da Guido Martina e Romano Scarpa dal titolo Topolino e il doppio segreto di Macchia Nera per poi divenire un nemico ricorrente di Topolino a partire dal 1960 con la sua terza apparizione avvenuta sempre in Italia nella storia Topolino e il re dei mendicanti, in cui il personaggio viene presentato come il capo della malavita di Topolinia.

A 82 anni suonati Macchia Nera può vantare il titolo di uno dei nemici più longevi di Topolino, sebbene nel corso della sua lunga carriera criminale la figura si sia gradualmente modificata per reggere il confronto con l’evolversi dei gusti e delle esigenze del pubblico, la recente storia pubblicata sul settimanale Topolino disegnata da Casty e sceneggiata da Marco Nucci si caratterizza per un’atmosfera di profonda inquietudine e mistero che lascia il lettore senza un vero e proprio epilogo.

Abbiamo avuto modo di scambiare qualche battuta con Marco Nucci che ci ha raccontato i retroscena di questo gradito e inquietante ritorno.

ATTENZIONE – l’intervista contiene inevitabili spoiler sulla trama della storia pubblicata sul settimanale Topolino

Con la tua storia sei stato in grado di suscitare un grande alone di inquietudine nei lettori, immagino che fosse proprio questo il tuo obiettivo.

L’esigenza iniziale, a parte l’ovvio e palese intento di far rinascere macchia nera come genio nefasto e crudele, ma soprattutto spettrale, è sempre stata quella di lasciare la storia in sospeso.

La compiutezza del racconto si raggiunge semplicemente con il ritorno del personaggio perché era importante che non venisse acciuffato.

Ho cercato di fare tutto ciò in modo più raffinato e originale, certo ho rischiato perché rimanere nei classici canoni disneyani è molto difficile se si vuole fare qualcosa di differente.

Rimuginando sulla sceneggiatura ho pensato che la divisione in due episodi fosse l’occasione per giocare meglio con il lettore. Ad un primo episodio più classico, dove assistiamo alla presentazione del diabolico piano ordito dal cattivo, ho fatto seguire una seconda parte dove il mistero viene svelato quasi immediatamente ma segue una lunga coda.

Mi sono ispirato al finale del film “Non è un paese per vecchi”

Mi sono ispirato al finale del film dei Fratelli Coen “Non è un paese per vecchi” nel quale troviamo un anti climax dove nonostante il colpo di scena finale il film va avanti per 40 minuti con una tensione crescente.

L’avventura di Topolino di fatto termina a pagina 20 ma seguono altre 12 pagine in cui il lettore si aspetta che Macchia Nera riappaia, invece la storia finisce lentamente illudendoti che ci sia ancora qualcosa da raccontare ma rimane solo la sensazione di un suo ritorno.

Tu e Casty avete lavorato anche sull’aspetto del personaggio. Puoi raccontarci quale direzione avete preso?

Riguardo al look avevamo pensato ad accorgimenti differenti, eravamo partiti da un’idea più di rottura, ma riflettendoci, dovendo riportare in auge un personaggio così iconico abbiamo scelto di non discostarci troppo dal classico.

Ci siamo comunque concessi una licenza insendo questo inquietante sorriso “a lama” che Casty nella seconda parte ha fatto debordare, su mia indicazione, come segno per distinguere il Macchia Nera nuovo dall’altro.

Del resto ho raccontato una storia che parla di confusione dei sensi, di stordimento e quel sorriso può essere un’ombra così come un’illusione ma quel che importa è che esso rappresenta il più classico punto di rottura che si verifica con i fumetti dove la sospensione dell’incredulità permette al lettore di decidere l’interpretazione che vuol dare all’immagine.

Un’altra scelta studiata è stata quella di non mostrare mai il volto di Macchia Nera privo della maschera. Sebbene la sua faccia risulti essere altrettanto iconica, ho pensato che sarebbe stato molto più inquietante mostrare il minimo indispensabile, pochi dettagli per far capire la malvagità del personaggio sotto al costume.

Se ci pensi anche il “minutaggio” complessivo è ridotto all’osso: per tutta la prima Parte Macchia Nera appare in una sola tavola e nella seconda appare dopo 16 pagine per poi scomparire alla vista…ma rimane ugualmente! La sua assenza è più pesante della sua presenza

Hai avuto difficoltà nel rappresentare le sensazioni che volevi suscitare nel lettore?

Quando ho saputo che il disegno sarebbe stato affidato a Casty ho fatto i salti per la gioia perché il suo Topolino a mio modo di vedere è perfetto. Lo stile di Casty fa sì che questa storia, assolutamente sui generis per le tematiche trattate, risulti perfettamente “canon” nello stile.

Il tratto permette di mantenere un un perfetto equilibrio tra lo stile Disney e l’impianto narrativo che costituisce il vero e proprio punto di rottura con il canone perché di fatto si tratta di un racconto privo di una vera fine.

Non è mai semplice la stesura di un soggetto che pur suggerendo la continuazione in un altro episodio riesca ugualmente a saziare il lettore e spero proprio di essere riuscito a trasmettere questa sensazione alla fine.

A ben pensare sarebbe un concetto molto semplice se raffrontato all’interno dei classici canoni Disney: se il cattivo è a piede libero la storia non è finita quindi proporre una simile storia, considerate anche le dinamiche editoriali non è semplice ma se avessimo concluso la vicenda con la cattura di Macchia Nera avremmo fatto le spalle grosse per poi ritirarci all’ultimo momento ma non era questo il mio obiettivo.

Ho letto alcuni commenti sui social e posso capire che alcuni lettori classici provino frustrazione nella mancanza di un vero e proprio finale, ma come ho già detto, il finale sta nel ritorno dell’iconico cattivo, per questo nella seconda parte del racconto, mi sono preso il lusso di raccontare più un’atmosfera che una storia vera e propria che permettesse di consegnare l’antagonista al lettore ma non alla giustizia.

Macchia Nera è tornato, fine!

Oltre al cinema dei Coen c’è qualche altra fonte che ha fornito ispirazione?

Mentre realizzavo la sceneggiatura della tavola in cui vediamo Topolino vinto da un Macchia Nera dominate ho pensato a Frank Miller e alle sue splash page indimenticabili! E’ una scena che pur essendo profondamente di rottura rimane graficamente canon.

Per sottolineare che Macchia Nera è la nemesi di Topolino ho voluto ambientare la sfida finale sulle cascate, proprio come avviene nel più famoso degli scontri tra Sherlock Holmes e il professor Moriarty.

Anche la città di Mousetrap è una citazione, un chiaro riferimento ad Agatha Christie: è un luogo che ho già usato altre volte, il paese delle cose misteriose e non è detto che in futuro Topolino non si trovi costretto ad indagare proprio in quel luogo.

La storia è improntata sul concetto di perdita della memoria, del dimenticarsi di ciò che è importante, il tutto a causa dell’effetto allucinogeno di una pianta, un concetto non proprio in linea con i più recenti standard disneiani. Da dove nasce questa scelta?

In una storia Disney puoi parlare di tutto ma mai in modo diretto. Un personaggio può morire,  è sufficiente dire che è partito e non tornerà più per far capire il concetto. Si deve comprendere che per rimanere all’interno degli standard si deve fare una gimcana attraverso argomenti che, com’è giusto che sia, sono tabù.

Questo percorso ad ostacoli porta inevitabilmente allo sviluppo di nuove idee.

Quando ho iniziato a lavorare sul soggetto ho pensato subito al fatto che se torna Macchia Nera non gli puoi far rapire Minny perché è talmente chiaro che non potrà farle del male che alla fine non si riesce a creare la giusta suspense nel lettore.

Dovevo fargli fare qualcosa di estremamente potente, e ho pensato che una graduale perdita di memoria e il senso di paranoia che ne derivava potesse essere molto spiazzante. Alla fine ho scelto di realizzare una tortura psicologica con un Macchia Nera che osserva compiaciuto da lontano la perdita di consapevolezza che sta causando.

Ho voluto giocare su due piani paralleli: Topolinia si era dimenticata di Macchia Nera così come lui stesso, a causa del graduale abbandono di interesse nei propri confronti, ha finito col dimenticarsi del suo lato criminale. La sua vendetta parte da lì e si compie cercando di togliere i ricordi ai cittadini di giorno in giorno sostituendosi così alla memoria del quotidiano.

E’ un processo simile alla vecchiaia che giorno per giorno fa sì che ci si guardi allo specchio ma quando si rivede una foto di tre anni prima si rimane stupefatti. Non è un caso che la prima amnesia colga Topolino nel momento in cui riceve un’onorificenza. Di fatto si tratta di un momento in cui ci si sente vecchi perché si va a ripercorrere una carriera. Tanto Macchia Nera quanto Topolino vengono rappresentati in un momento di crisi, e questa simbiosi va avanti per tutto l’arco narrativo.

Nel prossimo futuro ti troveremo ancora dietro a Macchia Nera?

Non posso dire nulla per ora, ma in un futuro io e Macchia Nera avremo ancora a che fare l’un l’altro, le nostre strade si incroceranno di nuovo e spero proprio di cavarmela!

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