Come vivete la vostra vita? Da protagonisti, pensando che il mondo ruoti attorno a voi e tutti vi guardino in continuazione, o sullo sfondo, cercando di sopravvivere come meglio potete al grigiore quotidiano? A Free City, videogioco sviluppato dall’azienda Soonami, di proprietà dell’eccentrico Antwan (il regista Taika Waititi, sempre più scatenato e convincente come attore dopo il piccolo ruolo in The Suicide Squad di James Gunn), se sei un giocatore puoi sognare in grande. Rapine, inseguimenti, acrobazie in moto, esplosivi: non c’è limite alla fantasia. La musica cambia se invece sei un NPC, un personaggio non giocante. La recensione di Free Guy – Eroe per gioco si concentra, proprio come il film, su uno di loro: Guy, appunto.
Guy, praticamente l’emblema del “tizio qualunque” (anche se ha la faccia e la verve di Ryan Reynolds), si sveglia ogni mattina contento. Saluta il suo pesce rosso, indossa una camicia azzurra, prende un caffè al bar e poi va a lavorare in banca, dove puntualmente entra qualche male intenzionato per rapinarla. Immobile a terra, sguardo rivolto verso il basso, Guy non ha mai sognato o preteso di più. Fino a quando non vede Molotov Girl (Jodie Comer): pantaloni di pelle, occhiali da sole e artiglieria importante. E parte subito “Fantasy” di Mariah Carey.
Da quel momento in Guy scatta qualcosa: non vuole più essere semplicemente un’ombra sullo sfondo. Vuole diventare protagonista della sua storia e salire (letteralmente!) di livello. Peccato che non sia un essere umano reale, ma il personaggio di un videogioco che presto potrebbe venir cancellato per far spazio a una versione più aggiornata. In sala dall’undici agosto, Free Guy – Eroe per gioco è una bella sorpresa estiva, da vedere sullo schermo più grande possibile.
Free Guy: un film a più livelli
In un’industria videoludica e cinematografica fatta di sequel, spin-off e prequel Free Guy – Eroe per gioco riesce a scherzare sulla ripetitività dell’intrattenimento mainstream e contemporaneamente a farne parte. D’altra parte a dirigere è Shawn Levy, diventato celebre proprio grazie a una trilogia di successo, quella di Una notte al museo, in cui Ben Stiller vede prendere vita fossili e reperti del Museo di storia naturale di New York. A sette anni di distanza dall’ultimo film (la maggior parte dei quali spesi come produttore esecutivo della serie Stranger Things, che cura insieme ai fratelli Duffer), il regista ha realizzato un blockbuster con un’anima, in cui, quasi senza accorgercene, ci sono diversi temi interessanti.
Prima di tutto la riflessione sull’industria, dicevamo: la creatività è sempre più messa a dura prova da investimenti dettati più o meno dalla certezza. Si dà al pubblico ciò che vuole, ma contemporaneamente se ne uniforma e appiattisce il gusto. Non conta più il cuore che metti in ciò che crei, ma i numeri: i prodotti devono rispettare le logiche ferree e matematiche dell’ormai mitologico algoritmo. Ed ecco che siamo sommersi da pellicole fatte in serie, con la giusta quantità di ogni elemento, in modo da accontentare il pubblico più vasto possibile e contemporaneamente non colpire mai nessuno davvero, finendo per realizzare film che si ha la sensazione di dimenticare mentre li stiamo ancora vedendo.
Poi c’è il libero arbitrio: chi siamo noi davvero? Chi vogliamo essere? Come si fa a vedere il mondo con occhi nuovi ogni giorno? L’amore è davvero la risposta alla morte di ogni speranza? Domande esistenziali altissime, che il nostro caro Guy di quartiere affronta tra una battuta e una citazione, facendo ciò che di migliore ci si può aspettare da un film come questo: intrattenere con intelligenza.
Free Guy: tra Matrix e Fortnite
Il cucchiaino esiste o no? Guy non ha tempo di chiederselo: mentre cerca di capire se è solo un insieme di numeri binari o un essere dotato di coscienza, il suo mondo è al collasso. Lo abbiamo già detto nella recensione di Free Guy – Eroe per caso: il film di Shawn Levy è fatto a livelli, un mix perfetto di giochi popolari come Fortnite e Matrix.
Non a caso alla sceneggiatura c’è Zak Penn, già autore di Ready Player One. La realtà virtuale ormai è talmente tanto presente nelle nostre vite che è naturale che anche il cinema voglia esplorare la complessità della psicologia che c’è dietro alla creazione di un avatar e alla scelta dei mondi che si vuole abitare.
Per creare le infinite possibilità di Free City ci si è affidati ad un team di professionisti d’eccellenza: il production designer Ethan Tobman e il coordinatore degli stunt Chris O’Hara si sono scatenati nel costruire scenografie e coreografie che raccontano a loro volta una storia. Ogni set è pieno di easter eggs e particolari mescolati sullo sfondo, che rendono tutto più stimolante. O’Hara ha coreografato scene d’azione in cui contemporaneamente ci sono moto, pugili, samurai, pistole. Il sogno di ogni amante delle scene di combattimento.
Free Guy: un cast perfetto
A far funzionare tutto però è l’ottimo cast di Free Guy: Ryan Reynolds ormai ci ha abituato alla sua capacità di fare da catalizzatore di reazioni esplosive. Con la parlantina veloce, la faccia di gomma e la grande propensione per la commedia fisica ci trascina nel mondo di Guy senza fatica. D’altra parte è anche l’uomo sotto la maschera di Deadpool: non ci stupiamo quindi quando comincia a sparare e combattere come un professionista.
A sorprendere sono però tutti gli attori che lo supportano: a cominciare da Jodie Comer, sempre più brava, in grado da passare in poche scene dalla sicurezza di Molotov Girl ai dubbi di Millie, programmatrice del gioco alla base di Free City. Dicevamo già di Taika Waititi sempre più convincente come interprete, così come Joe Keery, portato sul set da Levy direttamente dal Sottosopra di Stranger Things. Nota di merito anche per Lil Rel Howery nel ruolo di Buddy (non poteva che essere questo il suo nome), il migliore amico di Guy: dopo aver interpretato Rod in Get Out di Jordan Peele, si conferma ufficialmente come l’amico di cui tutti abbiamo bisogno.
Free Guy – Eroe per gioco vi aspetta al cinema dall’11 Agosto
Come scritto nella recensione di Free Guy - Eroe per gioco, il film di Shawn Levy riesce contemporaneamente a scherzare sul cinema mainstream e a farne parte. Il worldbuilding è ben riuscito e accattivante, così come il cast: non c'è solo Ryan Reynolds a trascinare con entusiasmo la pellicola, ma tutta un serie di attori (compreso il regista Taika Waititi, sempre più convincente come interprete) che è il valore aggiunto del film.
- La verve unita alla fisicità di Ryan Reynolds.
- Taika Waititi come attore è sempre più convincente.
- Jodie Comer, Joe Keery e Lil Rel Howery sono dei co-protagonisti fantastici.
- Umorismo e azione sono ben dosati.
- Il worldbuilding di Free City.
- La storia non è così originale, ma scorre che è un piacere.