La non-profit del fratello di Elon Musk ha un problema con i sindacati

Il fratello di Elon Musk, Kimbal, vuole ha fondato una rete di giardini botanici di apprendimento a servizio di alcune scuole sotto-finanziate degli Stati Uniti d’America. Kimbal Musk ha fondato una non-profit chiamata Big Green, e l’obiettivo prevede la costruzione di alcuni primi giardini a Detroit, Memphis e Chicago.

«Ogni bambino dovrebbe avere il diritto di giocare, apprendere e crescere all’interno di una comunità sana», recita la mission della organizzazione senza scopo di lucro, che è stata fondata nel 2011. I progetti sono dedicati ai bambini dei nidi dell’infanzia e delle scuole elementari. In modo simile ad altre esperienze pedagogiche molto diffuse anche in Europa e in Italia – si pensi alle scuole steineriane, tra le altre – Big Green crede che i bambini possano trarre giovamento da una serie di esperienze all’aperto, anche grazie a veri e propri momenti didattici a contatto con la natura. Ad esempio, ai bambini viene data l’opportunità di creare e gestire un proprio orto personale, seguendo le fasi di coltivazione delle piante fin dalla semina. Nel caso della Big Green, l’obiettivo è anche quello di dare al bambini dei rudimenti dell’imprenditoria, proprio perché il risultato del suo lavoro verrà poi venduto – grazie all’aiuto della non-profit – ai ristoranti locali.

Il primo giardino della Big Green è stato realizzato per una scuola elementare di Denver, in Colorado.

I bambini di una scuola lavorano in uno degli orti realizzato grazie alla Big Green

Oggi però le attività della non-profit sono adombrate dalle rimostranze dei suoi lavoratori. Il tentativo di ottenere rappresentanza sindacale da parte di alcuni lavoratori ha incontrato l’ostilità della non-profit.

La Big Green, scrive VICE, sta cercando di marginalizzare i dipendenti che intendono aderire al sindacato, ad esempio impedendo loro di parlare con altri lavoratori di questioni di natura sindacale, e cercando anche di tagliare le loro comunicazioni con i media. I dipendenti avrebbero ricevuto forti pressioni per stare alla larga dalle attività sindacali, inclusa la minaccia di sanzioni disciplinari e licenziamenti.

Lo scorso luglio l’organizzazione ha mandato una lettera ai dipendenti, annunciando che, se costituito, un’eventuale sindacato non verrà mai riconosciuto dai dirigenti.

In questo, sottolinea Vice, Kimbal non è molto diverso da suo fratello, che nelle sue aziende – Tesla e SpaceX – aveva già dato prova di nutrire una forte ostilità nei confronti dei sindacati. Le due aziende hanno delle policy interne estremamente rigide sull’attività sindacale – ad esempio i dipendenti non possono indossare spille o t-shirt dei sindacati – e Musk pubblicamente non ha mai fatto mistero del suo odio per le organizzazioni di rappresentanza dei lavoratori.

A fine luglio un dipendente della Big Green aveva condiviso su Instagram un post dove menzionava il sindacato formato dai lavoratori della non-profit. Aveva taggato anche Kimbal Musk. Pochi giorni dopo è stato contattato dalle risorse umane dell’organizzazione, che gli hanno intimato di cessare ogni forma di proselitismo sul posto di lavoro e sui canali social. Il dipendente in questione non potrà nemmeno partecipare alle presentazioni con le scuole fino al 30 settembre. Secondo Vice, si tratterebbe di un demansionamento imposto con il preciso scopo di scoraggiare ogni iniziativa sindacale. In realtà, scrive il magazine, qualche dubbio sulle modalità scelte dal lavoratore per condividere la sua posizione è più che legittimo. Dato che il post condiviso lo mostrava a lavoro su uno degli orti della non-profit – e raffigurava anche dei colleghi che non avevano dato il loro consenso.

Nel frattempo, almeno 11 dipendenti della non-profit hanno deciso di aderire alla formazione del sindacato, che ora attende l’autorizzazione del National Labor Relations Board in vista della prima elezione dei suoi rappresentanti.

 

 

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