Durante un’intervista con l’Independent, l’attore Stephen Dorff è andato a ruota libera contro Hollywood, pieno di “attori e cineasti che non sanno cosa stanno facendo”, affermando che gli Oscar di quest’anno sono stati “la cosa più imbarazzante mai vista”. La vena polemica, ad ogni modo, non si è esaurita presto, anzi è andata più nello specifico quando ha tirato in ballo Black Widow e la sua interprete, Scarlett Johansson.
Io sono ancora in cerca della roba buona [da interpretare, ndr] perché non voglio essere in Black Widow. A me sembra spazzatura. Sembra un brutto videogioco. Sono imbarazzato per queste persone. Sono imbarazzato per Scarlett! Sono certo che l’hanno pagata cinque, sette milioni di dollari, ma sono comunque imbarazzato per lei. Io non voglio essere in film del genere. Troverò il regista ragazzino che diventerà il nuovo Kubrick e reciterò per lui, piuttosto.
Parole piuttosto forti, da parte oltretutto di qualcuno la cui carriera, ad ogni modo, ha brillato certamente meno di quella di Scarlett Johansson, al di là dei film Marvel.
Negli anni ’90 Dorff era una delle promesse del cinema americano, tanto da condividere una copertina di Vanity Fair con Leonardo DiCaprio, Matthew McConaughey e Will Smith: la realtà dei fatti, purtroppo, l’ha un po’ smentito. L’attore (che ha iniziato la sua carriera nell’epoca d’oro dei videoclip musicali) ha sì avuto una carriera lunga e con numerosi titoli all’attivo sia al cinema che in tv, ma poco è rimasto di memorabile, tra i suoi personaggi: abbastanza recentemente è stato tra i protagonisti della terza stagione di True Detective, anche se la maggior parte delle persone lo ricorda come Deacon Frost nel live action di Blade del 1998 diretto da Stephen Norrington.
Da allora una carriera tra pochi alti (ha lavorato anche con Oliver Stone, Michael Mann, Roman e Sofia Coppola) e molti bassi (tra cui Alone in the Dark di Uwe Boll, considerato tra i più brutti film mai tratti da un videogioco): l’ultima sua interpretazione è stata nel drammatico film sportivo Embattled, di Nick Sarkisov.
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