El Salvador non ha una sua moneta, è costretta a usare il dollaro statunitense per le spese di ogni giorno, inoltre un parte significativa dei soldi che girano in loco arrivano dagli emigrati che sostengono da lontano le loro famiglie di origine: il Governo vuole dunque cambiare rotta e sta valutando di puntare sul Bitcoin per risollevare la sua situazione.
O almeno così afferma il Presidente salvadoregno, Nayib Bukele, il quale ha annunciato che settimana prossima il Congresso riceverà una proposta di legge per rendere la nota criptomoneta una valuta legale che la nazione possa adottare come propria. Secondo al politico, una simile rivoluzione genererà lavoro e permetterà a chi non ha un conto bancario – circa il 70 per cento della popolazione – di partecipare all’economia formale.
Insomma, mentre molti Paesi del mondo sono spaventati per il come il Bitcoin possa essere adoperato per alimentare un mercato nero parallelo, El Salvador vorrebbe avvicinarsi alla criptovaluta proprio per mettere in chiaro tutto quel traffico di contanti che è difficile da notare.
I trasferimenti di denaro dall’estero, d’altronde, corrispondono al 23 per cento del Prodotto Interno Lordo della nazione e gli intermediari che si occupano dei trasferimenti – aziende come la Western Union, per intenderci – si ritagliano complessive cifre che vanno sui 6 miliardi annui, cifre che il Bitcoin permetterebbe potenzialmente di salvaguardare.
Detto questo, è impossibile non sottolineare che la suddetta bozza di legge sia stata scritta con il contributo tecnico di Jack Mallers, CEO e fondatore di Strike, ovvero l’infrastruttura finanziaria che il Governo ha intenzione di adoperare per rendere possibili i pagamenti.
C’è dunque da chiedersi se l’idea di El Salvador sia un progetto genuino o una mossa generata dal lobbysmo, tuttavia resta il fatto che la nazione del centroamerica potrebbe rappresentare un ottimo laboratorio finanziario per studiare le dinamiche di commercio del Bitcoin.
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