Una nuova ricerca pubblicata da accademici della London School of Hygiene & Tropical Medicine e dell’Università di Berna ha cercato di quantificare quanto abbia inciso il cambiamento climatico indotto dall’uomo nella morte di coloro che hanno ceduto al troppo calore. Secondo a quanto riportato, quasi il 40 per cento dei decessi sarebbe in qualche modo legato alle nostre azioni.
I dati hanno preso in considerazione la realtà di 43 nazioni in un lasso temporale tra il 1991 e il 2018, sottolineando come gli effetti non si siano avvertiti con la medesima intensità in tutte le parti del globo e che alcune zone geografiche abbiano particolarmente risentito di eventi estremi quali le ondate di calore o alle siccità. Ovviamente a patirne maggiormente sono stati i Paesi poveri, i quali, fatalmente, sono anche quelli dotati di archivi più frammentari e incompleti.
Le informazioni d’archivio raccolte sono state comunque riversate in massa in un simulatore che ha comparato il cambiamento climatico al tasso di morte, simulatore che ha stimato che il 37 per cento delle morti per calura possano essere ricondotti allo sconvolgimento climatico generato dall’attività antropogenica. L’Ecuador, Colombia e alcune parti del sudest asiatico si sono dimostrate particolarmente vulnerabili, ma anche solo in quel di Roma si sarebbero potute salvare almeno 172 persone.
Com’è possibile che l’Africa non sia in cima alla classifica? Semplice, per stessa ammissione degli autori, l’indagine non può considerarsi universale, ma solo indicativa, poiché in molte nazioni non è stato in alcun modo possibile ottenere dati attendibili, con il risultato che queste importanti realtà sono state tagliate fuori dall’equazione.
Ci aspettiamo che la proporzione delle morti legate al calore continuino a crescere se non facciamo qualcosa per fronteggiare il cambiamento climatico o per adattarci. Per ora, la temperatura globale media è aumentata solamente di un grado, il che è una frazione di quello che potremmo dover affrontare se le emissioni continuassero a crescere senza controllo,
ha riferito Ana Vicedo-Cabrera, prima dei 30 co-autori della ricerca e scienziata della salute presso l’Università di Berna.
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