L’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) lancia un’allarme apparentemente ovvio, ma tutt’altro che scontato: il lavoro non nobilita se eccessivo, piuttosto uccide. Nel solo 2016, 200 nazioni hanno registrato 745.000 decessi causati da attacchi cardiaci collegati a orari lavorativi intensi.
Il documento appena pubblicato suggerisce che più di 488 milioni di persone (il 9 per cento dei lavoratori) si impegnino quotidianamente ben oltre alle loro possibilità fisiche, cosa che a sua volta causa stress cronico che influenza negativamente il corpo e il sistema cardiovascolare.
L’indagine, portata avanti dall’OMS in collaborazione con l’Organizzazione Internazionale del Lavoro delle Nazioni Unite, suggerisce che i lunghi orari di lavoro siano il più grande fattore di rischio sanitario a cui i lavoratori sono sottoposti.
Lavorare 55 ore o più alla settimana è un pericolo per la salute molto seria. È ora che tutti noi, governi, dipendenti e datori di lavoro, ci svegliamo e prendiamo atto che i lunghi orari di lavoro possano condurre alla morte prematura,
ha dichiarato Maria Neira, direttrice del Dipartimento per l’Ambiente, il Cambiamento Climatico e la Salute presso l’OMS.
La situazione sembra stia peggiorando con il passare degli anni. I ricercatori suggeriscono che le morti bianche legate a quantità eccessive di lavoro sia aumentata del 42 per cento dal 2000 al 2016, situazione emergenziale che sembra enfatizzata dalla crescente presenza della “gig economy” e del precariato.
Non solo il troppo lavoro uccide, ma accorcia anche le stime di vita. Gli autori dell’indagine ipotizzano infatti che i danni subiti in periodo di lavoro possano manifestarsi a distanza di anni, magari appena raggiunta l’età pensionabile.
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