Il CEO di Shell, Ben van Beurden, spinge per farsi prestare orecchio dai tavoli governativi che dovranno discutere il futuro Green e a zero emissioni dell’Europa. La sua tesi è che “aziende come noi sono assolutamente necessarie per [concretizzare] le soluzioni di cui il mondo ha bisogno” e che sperare che il cambiamento climatico venga combattuto attraverso start-up che “devono essere ancora inventate” sia assolutamente inverosimile.

L’uomo ha dato voce alle sue idee in occasione di un’intervista a Axios, intervista in cui l’imprenditore ha anche rilanciato l’impegno dell’azienda a convertirsi in un business energetico a “zero emissioni” entro il 2050. Data che, fatalmente, coincide con i termini massimi stabiliti dall’Accordo di Parigi per il clima.

Non è chiaro come Shell – una delle ditte operante con gli idrocarburi più criticate al mondo – voglia concretamente ottenere un simile risultato Green, ma van Beurden ha confermato non vi sia alcuna intenzione di ridimensionare l’estrazione di risorse inquinanti, anzi sembra pronto a lanciarsi su un’ulteriore espansione verso i gas naturali.

Da quello che si evince dalle parole del CEO, il brand vorrebbe compensare i danni causati all’ambiente dalle proprie operazioni finanziando le tecnologie che catturano il carbonio nell’atmosfera, i progetti di rimboschimento e nelle energie alternative e rinnovabili. Tutti elementi che vengono perseguiti con poca enfasi o di cui è difficile fornire una stima effettiva dei ritorni benefici.

Le parole del dirigente Shell rieccheggiano insomma quelle proferite in passato dalla nostrana Eni, la quale a sua volta punta sulla compensazione delle proprie emissioni via approcci alternativi, impostandosi come data di scadenza per la manovra di riconversione proprio quello stesso 2050. Fatalità, anche Eni punta ai gas naturali.

L’impostazione strategica della nota ditta petrolifera italiana è d’altronde chiara sin dai suoi spot, i quali sono stati multati in quanto si destreggiavano in poderose campagne di greenwashing che l’Autorità garante della concorrenza e del mercato ha giudicato ingannevoli e martellanti al punto da imporre all’azienda il massimo edittale, ovvero 5 milioni di euro.

 

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