La “minaccia” dei Long March 5B che orbitava incontrollato verso la Terra è ormai risolta, i detriti spaziali sono crollati in pieno oceano, tuttavia la Cina non sembra affatto pentita di aver causato simili preoccupazioni, anzi difende il proprio operato.

Mentre la NASA sottolinea come Beijing abbia “fallito nel soddisfare gli standard di responsabilità”, l’agenzia spaziale cinese rimbrotta lamentandosi di come il circo mediatico riguardante la gestione dei propulsori sia stata giustificata da uno schema propagandistico atto ad adombrare il successo della missione che ha portato in orbita il primo pezzo della China Space Station.

La Cina ha tenuto accuratamente traccia della traiettoria [dei detriti] e ha pubblicato in anticipo degli annunci sulla situazione del rientro. Non ci sono stati resoconti di danni a terra. La Cina ha inoltre condiviso i risultati delle predizioni di rientro attraverso i meccanismi di cooperazione internazionale,

ha dichiarato Hua Chunying, portavoce del Ministro agli Esteri cinese.

Ovviamente l’obiezione che è stata mossa alla Cina non era tanto sulla linea della gestione dei dati di rientro, quanto sul fatto che la nazione calcolasse il rientro incontrollato come prima e unica opzione per gestire le sue operazioni extraterrestri. Atteggiamento che sembrerebbe intenzionata a replicare anche in futuro.

Pur tenendo conto degli aggiornamenti costanti del gigante asiatico, infatti, il crollo in terra dei Long March 5B ha comunque rappresentato un’insidia tutto sommato imprevedibile che, per quanto relativamente poco pericolosa, sarebbe pur sempre meglio evitare a priori.

Allo stesso tempo Hua sottolinea, non del tutto a torto, che la narrazione offerta dai media occidentali della cosa sia stata faziosa, frutto di un doppio standard: i detriti spaziali della Cina sono stati inquadrati come una potenziale minaccia, mentre quelli causati dal Falcon 9 di SpaceX sono invece dipinti come uno spettacolo poetico dalle tinte romantiche.

 

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