Ominidi che cercano riparo in una grotta per scaldarsi, dormire, difendersi dall’agguato delle fiere, affilare le armi con le quali torneranno a cacciare.Un tuffo in un passato lontanissimo in cui questo lembo di territorio era abitato dagli uomini di Neanderthal, le possibile spiegazioni di questo meraviglioso ritrovamento.
E’ un viaggio nel tempo lungo oltre cento mila anni quello che stanno facendo archeologi, paleontologi, antropologi, archeobotanici che da ottobre 2020 sono impegnati nella Grotta Guattari al Circeo (Lt) in una nuova campagna di scavo condotta dalla soprintendenza archeologica delle province di Latina e Frosinone in collaborazione con l’Università di Tor Vergata. Un tuffo alle origini dell’uomo quando questo lembo di territorio era abitato dagli uomini di Neanderthal e là dove ora si trovano spiagge e terre coltivate si estendevano a perdita d’occhio verdi praterie colme di animali feroci, iene, rinoceronti e orsi delle caverne.
Questo territorio da ottant’anni è considerato tra i siti più importanti del paleolitico medio. E che oggi si arricchisce di un nuovo eccezionale ritrovamento con i resti ricomposti di nove individui di Neanderthal e di un incredibile numero di preziosi fossili, animali e vegetali.
Gli esperti, ormai da mesi al lavoro tra le rocce e le ossa sparse in questo mondo sotterraneo a due passi dal mare che fu della maga Circe, lo considerano una sorta di smisurata banca dati che sarà utilissima per ricostruire la storia, ma anche l’ecosistema di queste terre in un arco di tempo lontanissimo, per i non addetti ai lavori persino difficile da immaginare, che va da 125 mila a 50 mila anni fa. Gli scheletri umani ricomposti, racconta Francesco Di Mario, il funzionario archeologo della soprintendenza che dirige lo scavo
appartengono tutti ad individui adulti, fatta eccezione forse solo per uno che potrebbe essere di un giovane”.
Tra loro una sola femmina. Ma non si tratta di persone vissute tutte nella stessa epoca: i più vicini a noi sarebbero vissuti tra i 50 mila ed i 68 mila anni fa, il più antico addirittura tra i 100 mila ed i 90 mila anni fa. Adesso tutto questo materiale dovrà essere studiato, fa notare il direttore del servizio di antropologia del Sabab Lazio Mario Rubini, ma già dalle prime indagini sono arrivate tantissime informazioni
un’analisi sul tartaro dei denti ha mostrato per esempio che la loro dieta era molto variata, mangiavano molti prodotti cerealicolo vegetariani, frutto della raccolta, ed è noto quanto una buona alimentazione sia fondamentale per lo sviluppo dell’encefalo
Con i nuovi ritrovamenti, ribadisce il direttore Rubini, il sito del Circeo diventa assimilabile per importanza a quello di El Sidron in Spagna o a quello di Krapina nell’ex Jugoslavia. La cosa incredibile al momento è che sono stati già restituiti alla luce molti individui, tanti da accendere una luce importante sulla storia del popolamento dell’Italia. La speranza adesso è che studiando quest’immensa mole di materiale si possa arrivare a risolvere i tanti misteri che avvolgono questa specie. Uno in particolare, legato proprio alla Grotta laziale, dove tutti i crani ritrovati presentano una larga apertura alla base, come se qualcuno li avesse aperti apposta per mangiarne il cervello.