Partendo con la nostra recensione del primo episodio di Star Wars: The Bad Batch, partiamo col dire che non è un mistero che The Bad Batch sia una sorta di erede di The Clone Wars, tanto che il primo episodio si apre in maniera decisamente eloquente, con il logo della serie precedente in fiamme e sostituito da quello della successiva. È a tutti gli effetti e quasi ufficialmente un passaggio di testimone, sia per continuità stilistica, sia su un piano narrativo, visto il riprendere un arco della settima stagione, sia a livello temporale, visto il piazzarsi di The Bad Batch negli eventi immediatamente successivi alla conclusione delle guerre dei cloni e all’esecuzione dell’Ordine 66.
Ci troviamo in un periodo dell’immaginario molto intrigante, forse il più fertile allo stato attuale all’interno dell’immaginario, quello più carico e più interessante sul piano drammatico e paradossalmente uno dei meno esplorati, specie una volta superata la soglia temporale dettata dalla sconfitta dell’ordine Jedi.
Con The Bad Batch l’intenzione è quindi anche quella di raccontare la transizione all’Impero Galattico, quella di colmare i vuoti ancora presenti nel canone a riguardo (come il destino preciso dei cloni, sostituiti poi dagli stormtrooper), godendo di una fertilità del materiale di partenza che già ha fatto faville con il doppio risvolto della conclusione della guerra dei cloni, il finale capolavoro di The Clone Wars e i momenti più alti di Episodio III.
Protagonista della serie è la Clone Force 99, composta da cloni con mutazioni genetiche specifiche (+ Echo) che li rendono più adatti a declinazioni specifiche del combattimento. Già destinati a comparire in The Clone Wars, poi vittime della cancellazione della serie, poi ripresi con il revival e la settima stagione, Hunter, Echo, Crosshair, Wrecker e Tech ora si prendono uno spazio tutto loro, destinato a darci come ovvio una buona dose endovena di azione (di cui già il pilot dà ottima dimostrazione ad inizio e metà episodio), nel mezzo di un racconto incastrato nel canone con una certa intelligenza (almeno a giudicare dal primo episodio), per la goduria di ogni fan.
Detto questo, prima di continuare con la nostra recensione del primo episodio di Star Wars: The Bad Batch, vi ricordo ancora una volta che la puntata, dalla durata speciale di circa 70 minuti, è disponibile da oggi 4 maggio su Disney+, per lo Star Wars Day.
The Bad Batch parte esattamente come un episodio di The Clone Wars: una voce narrante fuori campo ci aggiorna sugli ultimi sviluppi della guerra dei cloni, con Palpatine “salvato” da Obi-Wan e Anakin, e Grievous in fuga nell’Orlo Esterno. Siamo a ridosso dell’Ordine 66, manca pochissimo, tempo che Obi-Wan uccida Grievous su Utapau e Palpatine dia l’ordine, e chiaramente la nuova serie di Lucasfilm Animation non poteva esimersi dal mettere in scena ancora una volta, da un punto di vista ancora diverso, l’imminente tragedia.
Lo fa con un’intelligenza nell’incastrarsi con il canone abbastanza clamorosa, e si aggancia con una chicca stupenda ad un personaggio che mai mi sarei aspettato di incontrare in una serie del genere, e che probabilmente tornerà in uno dei prossimi episodi. Gli appassionati di Star Wars non potranno non avere un infarto una volta resasi conto di chi stiamo parlando, ma evito di anticipare e vi lascio la sorpresa.
La Bad Batch si trova improvvisamente come un pesce fuor d’acqua
In ogni caso quella dell’Ordine 66 è un’occasione per rendere in maniera molto vivida quanto la Bad Batch si trovi improvvisamente come un pesce fuor d’acqua, improvvisamente spiazzati da un mondo che sembra essersi capovolto in appena qualche secondo e restii nell’accettare le dinamiche spietate legate a doppia mandata con l’approccio repressivo dell’impero e con la relativa tendenza a regola e ordine. Qualcosa non quadra, anche rispetto a quanto accaduto ai Jedi, e soprattutto Hunter se ne rende conto, ma il team si ritrova completamente spiazzato. Quelli che prima erano amici sono diventati improvvisamente nemici, e tutto è stato stravolto.
Come già detto in questa recensione del primo episodio di The Bad Batch, è chiaramente un obiettivo della serie quello di rappresentare la transizione più o meno graduale verso il sistema imperiale, e quello di riuscirci è sicuramente il successo più evidente del primo episodio. Oltre al classico e sempre affascinante discorso di Palpatine (quello in cui dichiara la nascita dell’Impero, già visto in Episodio III), è molto interessante vedere i dialoghi di Tarkin con Lama Su (il primo ministro di Kamino): il cambiamento nell’atteggiamento diplomatico dell’istituzione galattica che diventa più aggressivo e arrogante, le prime avvisaglie del piano per gli stormtrooper e la messa in discussione dell’efficacia dei cloni nell’ambito militare.
Al di là del cambio di approccio alle regole, verso cui c’è sempre stata un’insofferenza, anche la Bad Batch si trova ad affrontare duramente questa mutazione sistemica, e il punto di rottura arriva puntualmente quando i nuovi metodi imperiali vengono a galla. Anche qui, come accade anche all’inizio dell’episodio, una vecchia conoscenza è essenziale ad una ulteriore presa di coscienza, e di nuovo lo sfruttamento del canone garantisce ganci splendidi e lucidi tra presente, passato e futuro dell’immaginario, complice la visione globale dello spettatore più navigato, in grado di collegare i fili accennati dai dialoghi e dai contesti e costruire una continuità.
Come ogni prodotto di Star Wars, The Bad Batch è pienamente consapevole dell’universo di cui fa parte
E voglio sottolinearlo: come ogni prodotto di Star Wars, The Bad Batch è pienamente consapevole dell’universo di cui fa parte e si muove agilmente in contesti e situazioni familiari. Quello di un canone così ben sfruttato e lucido – in primis da Filoni che ha supervisionato la serie e ha al tempo avviato questo circolo virtuoso ponendone le basi – è forse la risorsa più importante del franchise della galassia lontana lontana, ed è bene sottolineare l’importanza di questo elemento di recensione in recensione.
The Bad Batch tra l’altro introduce anche un nuovo personaggio, inedito anche rispetto a The Clone Wars, ovvero la piccola Omega. Anche lei clone di Kamino e assistente dei kaminoani, è avvolta da uno strano alone misterioso, ma il suo rapporto con la squadra e soprattutto con Hunter è delizioso, specialmente nel tentativo della ragazza di unirsi al team, da cui si sente irresistibilmente attratta e affascinata. Quasi in cerca di una famiglia e di una appartenenza, Omega cerca di fuggire da un pianeta dove la pressione imperiale si è fatta immediatamente presente mutando gli equilibri in gioco. Chiaramente stiamo parlando di uno dei personaggi centrali della serie, su cui già il primo episodio sottende qualcosa, e sono abbastanza curioso di capire dove andrà a parare la serie a riguardo.
Andando verso la conclusione di questa recensione del primo episodio di Star Wars: The Bad Batch, la serie ovviamente affronta anche il tema dei chip di controllo, quelli inseriti da Dooku in incognito a monte della produzione dei cloni e per cui l’Ordine 66 è stato possibile. La direzione con cui il primo episodio affronta la cosa è duplice. Da una parte il modo in cui l’episodio cerca di giustificare l’immunità della Bad Batch al condizionamento è un po’ maldestro, e sinceramente non mi spiego il motivo per cui non si sia cercata una spiegazione più concisa, semplice e meno tentennante alla questione, senza necessariamente andare a ritoccare e/o spiegare ulteriormente in maniera superflua elementi preesistenti (come hanno fatto), avvicinandosi pericolosamente a possibili inconsistenze.
D’altra parte invece al discorso del condizionamento viene data la giusta importanza dando un ruolo, come già accaduto in The Clone Wars, a quel terribile senso di impotenza dei cloni che uccide ogni legame di affetto, stima e rispetto in nome di una fredda e subdola programmazione. Non vado nel dettaglio perché è spoiler, ma vi renderete conto di cosa parlo alla fine dell’episodio.
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Il primo ottimo episodio di The Bad Batch apre la strada a quella che a tutti gli effetti si pone senza nasconderlo e con consapevolezza come la serie sequel di The Clone Wars. Gli appassionati troveranno pan per focaccia con il solito stimabile rispetto per il canone e le premesse per sviluppi intriganti ci sono già ora, specie grazie ad Omega. Se si è fan l'inizio dell'episodio è un'emozione.
- La consapevolezza di essere eredi di The Clone Wars, con lo stesso stile rifinito e dettagliato della settima stagione
- L'episodio riesce a rendere benissimo l'inizio della transizione drastica al sistema imperiale
- L'episodio parte con un intelligente rimando ad un personaggio che farà urlare gli appassionati
- Come ogni serie di Star Wars, c'è una grandissima attenzione al canone
- Omega è deliziosa ed ha un potenziale intrigante per i prossimi episodi
- Il modo in cui la serie affronta il tema dei chip di controllo dei cloni è un po' maldestro, sarebbe bastato poco per evitare piccoli inciampi.