Le sale cinematografiche italiane tornano a vivere e vi proponiamo la recensione di In the Mood for Love uno dei film che accompagnerà questo evento, a partire dal 28 aprile. Il film, uno dei più conosciuti e amati di Wong Kar-Wai, riporterà sul grande schermo un racconto drammatico e romantico, restaurato in versione 4K, per una data che segna un nuovo punto di partenza per tutti gli amanti del cinema.
In the Mood for Love, distribuito dalla Tucker Film, è stato restaurato da L’Immagine ritrovata di Bologna e dal Criterion di New York, e Wong Kar-Wai ha supervisionato tutto il processo. Questo però non sarà l’unico suo film a tornare al cinema infatti, anche le sue prime due opere, As Tears Go By e Days of Being Wild, e le versioni 4K di Angeli perduti, Hong Kong Express e Happy Together.
Le sale cinematografiche italiane tornano a vivere e questa è la recensione di In the Mood for Love, uno dei film che accompagnerà questo evento, a partire dal 28 aprile. Il film, uno dei più conosciuti e amati di Wong Kar-Wai, riporterà sul grande schermo un racconto drammatico e romantico, restaurato in versione 4K, per una data che segna un nuovo punto di partenza per tutti gli amanti del cinema.
Il titolo originale cinese di In the Mood for Love significa “anni fioriti”. Racconta la storia di un uomo (interpretato da Tony Leung) e di una donna (Maggie Cheung) i cui coniugi hanno una storia tra di loro. In the Mood for Love è stato nominato per la Palma d’Oro al Festival di Cannes del 2000 e Tony Leung è stato premiato come miglior attore (il primo attore di Hong Kong a vincere questo premio a Cannes). Il film viene considerato come una delle opere più conosciute del cinema asiatico.
Camere Separate
Continuiamo la nostra recensione di In the Mood for Love con alcune precisazioni, il film, anche se spesso non viene ricordato, costituisce la seconda parte di una trilogia, insieme a Days of Being Wild (1990) e 2046 (2004). Il film è ambientato nella Hong Kong britannica nel 1962, Chow Mo-wan, giornalista, e Su Li-shen, segretaria di una compagnia di navigazione, affittano stanze adiacenti in un appartamento. Ognuno ha un coniuge che lavora e spesso li lascia soli.
I due iniziano ad avvicinarsi l’un l’altra quando si rendono conto che i loro coniugi hanno una storia tra di loro. I due però non riescono a consolarsi a vicenda nel modo più ovvio. Si guardano l’un l’altro con desiderio e dolcezza, ma poi tornano a casa a dormire da soli. L’adulterio ha macchiato le loro vite: sua moglie e suo marito hanno una relazione.
Per noi fare la stessa cosa, concordano, significherebbe che non siamo migliori di loro.
Il punto centrale del film è questa specie di accordo che hanno fatto anche se più semplicemente significa che nessuno dei due ha il coraggio di essere in disaccordo e il tempo passa. Loro vorrebbero stare insieme, ma entrambi sono vincolati dalla posizione morale che ognuno crede di aver preso verso l’altro.
Nel film interi continenti di emozioni rimangono inesplorati, una storia lussureggiante di amore non corrisposto che assomiglia alle tristi melodie delle sue canzoni. Ci sono molte canzoni di Nat King Cole, ma quella più rappresentativa è Green Eyes, che richiama la gelosia, ed è la canzone che troviamo quando capiscono perché i rispettivi marito e moglie sembrano essere sempre assenti nello stesso momento.
I tempi dell’amore
Quello che crea la vera “spinta” del film di Wong è che le strade delle persone si incrociano, ma le loro intenzioni invece lo fanno raramente.
In altri suoi film, come Chungking Express, i suoi personaggi non trovano la connessione giusta, perché le cose più importanti vengono dette nel modo sbagliato al momento sbagliato. Il regista non ci chiede di identificarci con questa coppia, ma Wong ci chiede di entrare in empatia con loro; questo è un incarico più alto e più complesso, ma che regala maggiori soddisfazioni.
Il film è pieno di colori profondi tipici dei film noir: rossi, gialli, marroni, ombre profonde. Una scena si apre con solo l’immagine del fumo di una sigaretta, e poi rivela i suoi personaggi. Nel corridoio fuori dai due appartamenti, la telecamera scorre avanti e indietro, sottolineando non la loro vicinanza ma che ci sono due appartamenti, non uno. Se volessimo fare un richiamo letterario potremmo pensare al romanzo Camere Separate di Pier Vittorio Tondelli.
Le scene più affascinanti e sorprendenti della storia sono quelle in cui Chow e Su recitano scene immaginarie con i loro coniugi traditori. C’è uno schiaffo, non così duro come sarebbe con un vero coniuge. Si feriscono con un dialogo immaginario in cui i loro partner traditori ridono di loro.
Il tradimento è banale
Wong Kar-wai lascia la coppia traditrice fuori dallo schermo. I film sull’adulterio riguardano quasi sempre gli adulteri, ma gli eroi qui sono i personaggi che di solito sono le vittime. I loro coniugi possono peccare a Singapore, Tokyo o in un love hotel del centro, ma non peccheranno mai sullo schermo di questo film, perché il loro adulterio è noioso e banale, mentre la reticenza di Chow e Su eleva il loro amore a una sorta di nobile perfezione .
Le loro vite sembrano imprigionate come i loro angusti alloggi. Hanno più soldi che posti dove spenderli. I due personaggi cercano di occupare il loro tempo come possono, lei ancora vestita per l’ufficio, si precipita in un vicolo affollato per comprare le tagliatelle. A volte si incontrano sulle scale e spesso piove per rendere l’atmosfera ancora più malinconica. Gli amanti non si accorgono di dove sono, non si accorgono che si ripetono. Non è ripetizione la loro, ma una sorta di rassicurazione. Nessuna conversazione è noiosa perché gli spazi vuoti e i silenzi sono riempiti dai loro desideri per sempre inespressi.
Ci sono molte ragioni per adorare il film, a partire dalla sua bellezza quasi ultraterrena e onirica. La coppia principale, Maggie Cheung, che veste abiti cheongsam che abbracciano la figura e Leung, ricordano la bellezza degli attori dei film dei tempi del cinema muto.
Le riprese di Wong, guidate dal suo direttore della fotografia abituale, Christopher Doyle, si soffermano sui protagonisti per minuti lunghissimi, riempiendo lo schermo con colori e luci afosi.
Questo è uno dei pochi film che riesce a essere commovente, abilmente raccontato, e che utilizza tutto il lessico del cinema in modo così efficace.
La telecamera si nasconde nelle porte, attraverso le finestre, quasi spiando Chow e Su Li-zhen mentre cercano conforto l’uno con l’altra nella paradossale solitudine di una città affollata. L’atmosfera è aiutata dalla colonna sonora quando Nat King Cole canta “Quizas, quizas, quizas” (“Forse, forse, forse”) in spagnolo.
Volutamente di portata limitata, la trama, è estremamente intelligente, non da ultimo per ciò che lascia fuori. Non vediamo mai gli sposi traditori, solo sentiamo il loro impatto. I pochi altri personaggi risultano gretti a confronto della grazia silenziosa della coppia principale. Scelgono semplicemente di non portare avanti la relazione o stanno entrambi aspettando che l’altro agisca?
Il finale, in cui Chow sussurra i suoi inauditi rimpianti e sentimenti in una cavità di pietra nel complesso del tempio di Angkor Wat in Cambogia, prima di sigillarli all’interno con il fango, potrebbe essere assurdo, melodrammatico ma Wong lo rende straziante.
In the Mood for Love è così bello che è sconcertante quanto i film seguenti non siano riusciti a mantener lo stesso livello. 2046, era altrettanto brillante per quanto riguarda la trama ma non è stato realizzato con la stessa cura. Poi è arrivato Un bacio romantico, con Norah Jones, Natalie Portman e Jude Law (disponibile su Amazon Prime Video) che non regge minimante il confronto con il resto della filmografia del regista.
A causa della sua dolorosa mancanza di risoluzione, In the Mood for Love riflette sulla storia e sulla memoria, lasciando domande senza risposta su ciò che è documentato e ciò che è vissuto. Wong è riuscito a creare un incantesimo di malinconia e mistero sul suo pubblico con questa storia anche se alla fine si sente un urgente bisogno di districarsi dalla sua immersione sensoriale. Qui il romanticismo occuperà uno spazio permanente nella nostra memoria.
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Per concludere la nostra recensione di In the Mood for Love, Wong Kar-wai adotta la struttura di un ricordo, dove i momenti estatici superano il flusso tradizionale del tempo, preservato dal desiderio e che diventa accessibile solo quando il desiderio richiama l'esperienza. Una visione chimerica ambientata a Hong Kong negli anni Sessanta, una storia che non può non coinvolgere fin dal primo sguardo.
- La profondità della storia
- Le ambientazione particolari del film
- L'equilibrio tra dialoghi e silenzi
- Ci sono momenti che sono un po' lenti
- Il senso di impotenza alla fine della storia