A sorpresa dei senatori USA, Apple avrebbe deciso all’ultimo di tirarsi fuori da un’udienza al Senato incentrata sulla concorrenza digitale, udienza a cui l’azienda avrebbe dovuto partecipare in veste di testimone. Nulla di illegale, ma comunque una manovra diplomatica molto forte, sopratutto considerando che la Big Tech sia sempre più additata come esempio per eccellenza di monopolio digitale.

Apple è consapevole da settimane del fatto che la Sottocommissione stesse pianificando un’udienza sull’argomento e ha intavolato con il nostro staff diverse confronti atti a stabilire chi avrebbe testimoniato in nome di Apple. Tuttavia, a poco più di due settimane [16 giorni] dalla data stabilita per l’udienza, Apple ha improvvisamente dichiarato che non invierà alcun testimone a deporre all’udienza di Aprile. […]

Il cambio di rotta improvviso di Apple nel rifiutarsi di fornire la propria testimonianza davanti alla Sottocomissione in relazione all’udienza di aprile che andrà a discutere la competizione sul mercato degli app store è inaccettabile, soprattutto considerando che l’azienda è chiaramente disposta a discuterne in altri contesti pubblici,

hanno scritto i membri del Senato in una lettera aperta, chiedendo che Apple possa rivalutare la sua posizione.

I dubbi sulla cosiddetta “Apple Tax”, ovvero sulla commissione del 30 per cento che App Store e Google Play si ritagliano sugli acquisti in-app, hanno ormai raggiunto da tempo la sfera pubblica, con aziende quali Epic Games, Spotify e Tinder che si sono fatte portavoce di quella che definiscono un’ingiustizia digitale colpevole di annichilire le piccole aziende.

D’altro canto, legislatori di tutto il mondo stanno diventando anche sempre più impazienti nei confronti delle Big Tech, le quali sono solite rispondere alle indagini con stoico ostracismo, con il risultato che ogni udienza rischi di trasformarsi in una potenziale gogna pubblica.

 

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