Pandemia, industria automobilistica, limiti endemici della filiera di produzione. I problemi che stanno affliggendo la produzione dei chip sono numerosi, ma uno in particolare sembra colpire con inclemenza una situazione che è già di per sé critica, quello della siccità.

Una parte considerevole delle fonderie produttrici di semiconduttori sono site a Taiwan, isola che in questo periodo sta subendo un calo delle precipitazioni tanto grave da essere entrato negli annali. Una situazione simile era stata vissuta dal Paese solamente 67 anni fa e le conseguenze stanno colpendo ogni settore produttivo dell’area.

La produzione di chip non è esente dai problemi derivanti dalla siccità: la TSMC, prima tra le aziende del settore, riesce a riciclare l’85 per cento delle acque adoperate in fase di produzione, ma anche così è costretta a ottenere circa 190 milioni di litri d’acqua al giorno, se vuole operare a pieno regime.

La mancanza di acqua ferma infatti diversi dei processi chiave necessari a tenere attiva la fonderia, dalla litografia a immersione al raffreddamento dei macchinari, e la carenza di liquidi risulta essere tradizionalmente la causa principale dei rallentamenti subiti dalla filiera dei semiconduttori.

In un caso in cui lo stress è indotto anche da fattori commerciali, il disservizio diviene ancor più lancinante e per evitare che il mondo tecnologico si fermi, TSMC sta cercando come possibile di garantire un costante afflusso di acqua attraverso l’uso massivo di autocisterne.

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