Un team di ricercatori inglesi e tedeschi ha cercato di sondare possibili soluzioni per una delle principali insidie della scienza forense: i falsi ricordi. Non è infatti insolito che un testimone finisca col tempo a “riscrivere” le proprie memorie, una tendenza naturale e inevitabile per cui, a oggi, vi sono ben pochi rimedi.

Questo approccio di revisione autobiografica non è quasi mai dettato da malizia, tuttavia delle semplici suggestioni superficiali possono stratificarsi fino a causare danni alle persone e all’intero sistema giudiziario. Nonostante questo, gli studi per capire come restaurare i ricordi originali sono quanto mai rari.

Per risolvere questa mancanza, gli scienziati in questione hanno impiantato nella memoria di alcuni volontari due eventi autobiografici plausibili, seppur completamente inventati. Nella maggior parte dei casi (83 per cento), i falsi ricordi hanno attecchito dopo appena tre incontri.

Una volta gettato il seme della menzogna, i ricercatori hanno cercato di estirparlo applicando due diverse tecniche: la sensibilizzazione attraverso le fonti e la sensibilizzazione attraverso le false memorie. Nel primo caso le bugie venivano smentite citando fonti esterne – un familiare, per esempio -, mentre nel secondo caso era una persona terza a sollevare il dubbio che le memorie impiantate non fossero affidabili.

Sebbene si sia notato che suggestionare una persona sia più semplice che farla rinsavire, si è riscontrato anche che ambo le tecniche siano efficaci. Non solo, nessuna delle due è in grado di intaccare le memorie effettive, cosa che va non poco a limitare i potenziali danni che subirebbero altrimenti i testimoni sotto interrogatorio.

 

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