Il primo viaggio dell’uomo su Marte sembra ancora distante, ma intanto c’è chi si porta avanti sul lavoro immaginando – sulla base di presupposti scientifici – come potrebbe essere la prima città umana sul pianeta rosso.

La The Mars Society immagina un conglomerato di cinque città, con la capitale al centro. La città più grande si chiamerà Nüwa e si svilupperà verticalmente su una parete rocciosa, ospitando uffici, appartamenti, spazi verdi e laboratori.

View this post on Instagram

A post shared by ABIBOO Studio (@abiboo_studio)

L’ossigeno, immaginano futurologi, scienziati ed appassionati, sarà prodotto in larga parte dalle piante delle serre, così come il cibo. Per l’energia elettrica si pensa invece ai pannelli solari. Ma le incognite e le sfide da vincere sono diverse, a partire dalle radiazioni letali e dalla pressione atmosferica estremamente bassa: 0,7–0,9 kPa contro i 101kPa della Terra.

Abbiamo dovuto fare diverse analisti computazionali, lavorando con i ricercatori per capire quali saranno – verosimilmente – le circostanze che una colonia umana dovrà affrontare

ha spiegato Alfredo Munoz, il fondatore dello studio di architettura che ha realizzato i render della prima città marziana sulla base delle indicazioni fornite dalla The Mars Society e dal SONet network, una rete di ricercatori e scienziati.

Tra le tante incognite esistono, ad ogni modo, delle ragioni specifiche che fanno di Marte una meta estremamente ambita per una eventuale colonia: acqua e CO2.

L’acqua è uno dei più grandi vantaggi offerti da Marte. Ci aiuterà a ricavare i materiali per le costruzioni. Con l’acqua e la CO2, banalizzando, saremo in grado di generare carbonio e quindi con il carbonio potremmo produrre l’acciaio.

ha continuato Munoz.

Forse Nüwa sarà un progetto destinato a rimanere sulla carta, ma questo non significa che il lavoro dei ricercatori e della Mars Society sia completamente privo di risvolti. «Studiare come adattarci a Marte si sta permettendo di acquisire così tante conoscenze e davvero molte idee su come possiamo immaginare diversamente quello che facciamo sulla Terra».