Una corte federale texana ha imposto ad Apple di pagare 308, 5 milioni di dollari alla Personalized Media Communications (PMC), azienda specializzata in brevetti che ha trascinato la Big Tech in tribunale nell’ormai lontano 2015.
Si tratta di una di quelle classiche situazioni megaziendali statunitensi in cui i processi passano attraverso ogni grado di giudizio smuovendo un’infinità di corpi giuridici. Apple aveva infatti messo in discussione il caso davanti all’ufficio dei brevetti statunitensi, ottenendo la meglio, tuttavia PMC ha girato la cosa alla corte d’appello, la quale lo scorso marzo ha ribaltato la sentenza.
Apple si dice dispiaciuta del risultato attuale e si prepara a fare appello, nella speranza di dimostrare che le pretese sulle licenze siano assolutamente invalide.
Casi come questi, sollevati da aziende che non creano né vendono prodotti, soffocano l’innovazione e, alla fine, danneggiano i consumatori,
ha riferito la Big Tech in una email inviata alla testata Bloomberg.
In effetti, PMC ha una parvenza non troppo cristallina, se non altro perché, oltre ad Apple, ha chiesto il pagamento di alcuni brevetti anche a Netflix, Google e Amazon. O la Personalized Media Communications ha sotto alla sua ala alcune delle licenze più importanti della storia, o sta cercando di agganciarsi come può a cavilli legali che le garantiscano patteggiamenti milionari.
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