I college americani stanno assistendo a un periodo di crescita dell’e-sport, ma le donne ne vengono emarginate, subendo gli atteggiamenti tipici di una mascolinità tossica: dalle molestie all’imposizione di pregiudizi. A sottolinearlo è una ricerca pubblicata sul Sport Management Review.

Il primo elemento a influenzare le equazioni è l’ostilità da tastiera: gli uomini sono già di per sé più propensi a indulgere in offese e provocazioni (il 20 per cento in più delle donne), inoltre le videogiocatrici vengono spesso attaccate proprio in funzione del loro genere, al punto che molte preferiscono nascondere il proprio sesso dietro a nick maschili, quando impegnate nelle partite online.

Anche quando le donne riescono a superare la prima fase intimidatoria e a sviluppare talenti agonistici, i loro team tendono a trattarle con un senso paternalistico, quasi come fossero delle mascotte, ottenendo di conseguenza ruoli che sono tutt’altro che interessanti.

Insomma, la disparità di genere si trasporta anche nel ramo degli e-sport e la ricerca lo sottolinea esplicitamente con un esempio diretto: il più retribuito giocatore professionista di sesso maschile – Jordan “N0tail” Sundstein – ha incassato circa 7 milioni di dollari durante la sua carriera, mentre tra le donne, la giocatrice con lo stipendio più alto – Sasha “Scarlett” Hostyn  – ha raggiunto a malapena i 300.000 dollari.

Il problema si estende anche nel ramo accademico poiché gli sport digitali si stanno progressivamente adeguando alle loro controparti tradizionali e gli istituti sono ora disposti a versare borse di studio a coloro che sono in grado di farsi notare per talento e abilità. Se non si riesce a superare il forte ostracismo, tuttavia, non è neppure possibile mirare ai benefit per l’istruzione.

 

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