A distanza di poche ore dalla Festa della Donna, vi proponiamo la nostra recensione di Girl Power – La rivoluzione comincia a scuola, attualmente disponibile su Netflix. L’adolescenza è un periodo difficile da affrontare: per sopravvivere al disagio interiore creato dalla crescita personale, perché è in quegli anni che abbiamo a che fare con i primi amori, le prime delusioni, le prime incertezze, è necessario trovare se stessi o ritrovarsi.
Capire chi vogliamo diventare nella vita, come meritiamo di essere trattate e chi siamo, per migliorare il nostro futuro, è questo il punto cruciale della pellicola, che racconta molto più di una lotta femminista per l’uguaglianza tra i due sessi. Talvolta, per comprenderlo, bisogna che siano gli altri ad aprirci gli occhi sulla realtà dei fatti.
La ricerca di una propria identità e l’importanza di lottare per la parità tra i sessi sono i temi principali della storia, diretta da Amy Poehler, alla sua seconda opera cinematografica da regista, dopo la pellicola Wine Country del 2019.
Girl Power – La rivoluzione comincia a scuola, tratto dal dall’omonimo romanzo del 2018 di Jennifer Mathieu, racconta la storia della sedicenne Vivian (Hadley Robinson). Quest’ultima apre gli occhi e inizia a notare come nel suo liceo si respiri un’aria tossica e sessista. I ragazzi stilano liste degradanti nei confronti delle loro coetanee, alcune studentesse subiscono molestie e chi dovrebbe occuparsi della faccenda non si cura di farlo per evitare noie.
Ispirata dal passato della madre (Amy Poehler), che da giovane era una ribelle in perenne lotta con l’ideologia maschilista del patriarcato, la ragazza decide di scrivere e pubblicare in anonimo una fanzine, “Moxie!”, nella quale denuncia il sessismo dilagante nel suo istituto.
La timida Viv, che fino ad allora passava inosservata (nella lista è “la più obbediente”), scatenerà una vera e propria rivoluzione femminile, riunendo tutte le studentesse in una fazione che dice no alle disuguaglianze di genere e alla mercificazione della donna.
Ora andiamo per gradi, analizzando tecnica, evoluzione dei personaggi e tematiche affrontate nella pellicola, che – pur svolgendosi nell’ambiente scolastico – è adatto a tutti gli spettatori (sì, anche agli adulti, nonostante il target di riferimento siano i giovani) e non annoia mai.
La recensione di Girl Power: la tecnica
Sorprende la regia attenta di Amy Poehler, che non si risparmia nell’eccedere con la scelta di inquadrature efficaci e per nulla banali, volte a enfatizzare un determinato momento, che sia di gioia o dolore, in modo da dargli la giusta potenza emotiva e visiva. Il problema di fondo del film, infatti, non ha nulla a che vedere con le scelte adottate dalla regista dietro la macchina da presa.
Il punto debole di Girl Power è la volontà di forzare la trasmissione del messaggio, che è difficile non intuire sin dall’inizio: basta vedere la paura negli occhi di Vivian il primo giorno di scuola, sapendo che presto uscirà una lista che la vedrà coinvolta, così come tutte le altre donne del liceo. D’altronde, la fondazione di un movimento femminista, Moxie, già la dice lunga.
Quello che viene da chiedersi è “perché?”. O meglio, se c’era davvero bisogno di dirigere le attrici come se ad ogni piccolo passo dovessero dimostrare esattamente ciò che siamo, ovvero donne forti e meritevoli di rispetto.
Un conto è far passare un messaggio di uguaglianza, di riscatto sociale, un altro è esasperare lo spettatore rendendo il concetto di fondo troppo ridondante.
Eppure qualcosa di buono ne è uscito lo stesso: se da un lato il femminismo prende il sopravvento nel film, lasciando da parte altri temi che potevano essere approfonditi meglio, dall’altro è proprio il modo in cui il concetto viene espresso che rende Girl Power divertente. Mettendo così ampiamente in luce il tema, si assiste a scene al limite del surreale, che spesso sfociano nel ridicolo.
Il senso di ridicolo è dato anche dall’energia con cui i protagonisti esprimono il loro entusiasmo nella lotta per i diritti delle donne: urla campate per aria, gesti incomprensibili, parole che non aggiungono nulla al film e che spesso risultano fuori luogo, anche solo per il contesto in cui vengono dette. Perché va bene rafforzare il messaggio della parità tra i sessi, ma bisogna anche capire quando è il caso di farlo e se la situazione lo giustifica.
È questo che rende il film diverso da quanto visto sinora sul femminismo e molto godibile.
Il merito di ciò è anche dovuto a una sceneggiatura che, seppure poco studiata e per nulla originale, sembra non curarsi molto del target di riferimento, quindi anche dell’età dei protagonisti della storia, e di conseguenza propone delle vere e proprie chicche divertenti. Perché, diciamolo, è altamente improbabile che un adolescente utilizzi frasi come “abbasso il patriarcato”. Per fare un esempio.
La pellicola si avvale anche di una colonna sonora composta da canzoni punk-rock tutte al femminile, ideale per accentuare il messaggio di fondo senza il rischio di stancare lo spettatore, e di un andamento incalzante, dato soprattutto dalla dinamicità delle inquadrature.
Non è chiaro invece il motivo per cui Amy Poehler ha deciso di diffondere il pensiero di Vivian attraverso una fanzine distribuita a scuola, quando il mondo ormai gira intorno a internet da molti anni. Si potrebbe pensare, volando con la fantasia (ricordiamoci che si tratta di una commedia), che la regista volesse mostrare una rivoluzione che non si avvale dei soliti mezzi di comunicazione, come a rimandare a un’epoca, quella della “prima ondata femminista” – così è stata definita -, dove i giornali, i manifesti erano l’unico canale di divulgazione.
Il cast, lo ricordiamo, è composta da Hadley Robinson (Vivian), Nico Hiraga (Seth), che spicca per la sua delicata interpretazione, insieme a quelle di Alycia Pascual-Pena (Lucy), donna tenace e vitale, e Lauren Tsai (Claudia). Con loro anche Patrick Schwarzenegger, che impersona il giocatore di football bello e presuntuoso (un cliché, insomma) e la stessa regista, nel ruolo della madre di Viv, una donna esuberante.
Per quanto riguarda la caratterizzazione dei personaggi, l’unica pecca è che si tende a dare la quasi totale centralità alla figura di Viv, trascurando aspetti importanti, solo citati, delle vite altrui. Per fortuna, però, il loro carattere, così come i loro pensieri e modi di vedere le cose, emerge dall’interpretazione degli attori stessi, che non si limitano a recitare una parte, ma riescono a farla propria, attraverso, gesti, espressioni e talvolta silenzi.
L’evoluzione del personaggio
È strano come le persone possano cambiare radicalmente (pure troppo, tanto da sembrare paradossale!) incrociando le strade altrui. È quello che succede alla protagonista di Girl Power – La rivoluzione comincia a scuola. Un cambiamento radicale, dovuto alla conoscenza di una nuova studentessa: Lucy (Alycia Pascual-Pena).
Quest’ultima non accetta le avance di Mitchell, interpretato da Patrick Schwarzenegger (figlio di Arnold) nelle vesti del quarterback della squadra di football del liceo, che tratta le donne in modo irrispettoso, come fossero oggetti da conquistare.
Lucy si ribella ai suoi modi, parlandone anche con la dirigente scolastica, rappresentata da Marcia Gay Harden come una inetta che preferisce fare finta che nulla sia accaduto, facendo così sembrare Lucy esagerata nelle sue reazioni. Nella pellicola, infatti, le figure autorevoli (la dirigente e il professore) vengono rappresentate come persone incapaci di prendere una posizione in merito. Man mano che Vivian conosce Lucy, tra le due si instaura un forte rapporto amicale che suscita la gelosia di Claudia, la migliore amica di Viv.
Nella recensione di Girl Power cerchiamo ora di capire a cosa è dovuto il cambiamento e perché sorprende l’evoluzione del personaggio impersonato da Hadley Robinson.
Inizialmente Vivian appare come una ragazza molto timida, tanto che Claudia sembra la più frizzante all’interno del duo. Dopo aver letto la lista degradante che la vede coinvolta in prima persona, qualcosa in lei muta: vorrebbe scrivere post per difendere le donne della sua scuola, stanca delle discriminazione che sono costrette a subire.
Eppure è bloccata, non sa come iniziare la sua personale battaglia femminista per far valere i propri diritti. Vivian quindi è una ragazza insicura, almeno fino a quando non stringe un legame intenso con Lucy, studentessa dalla pelle scura caratterizzata da un’anima forte.
Ciò ci permette di capire quanto sia vero che due persone molto diverse caratterialmente possano completarsi a vicenda, darsi manforte: è Lucy infatti a darle la forza necessaria per creare, all’insaputa di tutti, il movimento Moxie!, nato dopo che Viv ha realizzato una fanzine apposita. Un movimento che si propone di cambiare l’ordine “naturale” che si era instaurato nella scuola.
Si parla di coraggio, di voglia di rivalsa, come possiamo constatare dalla recensione di Girl Power. Vivian ora si sente indistruttibile, diversa, cresciuta per aver dato forma a qualcosa di unico, che può davvero fare la differenza in un sistema scolastico dove a farla da padrone è il maschilismo e l’inettitudine delle figure autorevoli.
Una pellicola, quella diretta da Amy Poehler, che riesce a divertire e dare allo stesso tempo uno spunto di riflessione a tutti: senza entrare nei particolari, via via che il film prende forma ci rendiamo conto (sin dalla prima metà della pellicola, a causa di un soggetto prevedibile) che quanto pensato fino a quel momento di Viv non rispecchia la realtà. La stessa protagonista, grazie alle parole dei suoi compagni di avventura, capisce di non essere la persona che credeva.
Se fosse Viv la vera inetta della storia?
Lo comprende con l’aiuto di Seth (Nico Hiraga), un ragazzo che l’ha sempre appoggiata nella sua lotta scolastica, e Claudia, che pur di difendere la sua migliore amica, nonostante le incomprensioni, è disposta a sacrificare la sua carriera.
Alla fine dei giochi Vivian riuscirà a crescere, ritrovando se stessa e quel coraggio che forse le è sempre mancato? Dopo aver letto la nostra recensione di Girl Power – La rivoluzione comincia a scuola, non vi resta che vedere e scoprire cosa accade nel dettaglio.
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In conclusione possiamo dire che il film, attualmente disponibile su Netflix, non è deludente. Certo, alcune scelte stilistiche sono difficili da comprendere, anche visto il potenziale dei temi affrontati nella pellicola, ma nel complesso Girl Power - La rivoluzione comincia a scuola è un buon modo per passare due ore in assoluto relax, senza mai annoiarsi.
- La regia dinamica di Amy Poehler
- La colonna sonora punk-rock tutta al femminile
- L'evoluzione personale di Vivian
- L'esaltazione ridondante del messaggio
- La sceneggiatura poco studiata