Nuove e vecchie norme permettono infatti all’establishment di intervenire sui social con strategie di censura anche molto prepotenti. I portali, ormai al centro delle attenzioni globali, hanno tuttavia preferito ostacolare il Governo indiano, piuttosto che annichilire la libertà di parola di giornalisti e attivisti, ma ora i loro dipendenti in loco rischiano la prigionia.
La corrente Amministrazione indiana, guidata dal Primo Ministro Narendra Modi, è d’altronde sempre stata caratterizzata da interventi forti, prepotenti e antidemocratici. Per un po’, alcune piattaforme hanno deliberatamente chiuso un occhio sulle uscite d’odio dell’establishment nella speranza di riuscire a insediarsi nel Paese. Tuttavia ora la situazione sta velocemente degenerando.
Se prima i colpi di testa di Modi avevano a che fare “solamente” con l’inflazione della rupia e con la persecuzione delle minoranze musulmane, ora coinvolgono l’intero popolo indiano e le proteste non sono abbastanza marginali da poter essere ignorate.
Migliaia di agricoltori scendono regolarmente in piazza ormai da mesi per manifestare il proprio scontento a proposito di alcune nuovi norme che andrebbero a colpire il 40 per cento della popolazione e Modi sta cercando di fare il possibile perché le loro gesta non ottengano risonanza.
Ovviamente internet è uno degli “ostacoli” di questi piani oscurantisti e il Governo sta chiedendo con crescente urgenza che Twitter, Facebook e omologhi rimuovano tutti quei contenuti che potrebbero infiammare ulteriormente gli animi, anche quando questi contenuti sono legittimi. Ancor più, il Governo ha domandato ai social le generalità delle persone che hanno postato detti contenuti.
Facebook ha accettato circa metà delle richieste dei dati dell’Amministrazione Modi, Google ha provveduto al 58 per cento e Twitter ha collaborato il minimo possibile, ovvero all’un per cento.
La situazione dell’India è estremamente complessa: solitamente sono i tribunali a pretendere la rimozione dei contenuti dal web, ma nel caso indiano la richiesta può essere avanzata direttamente dalla classe politica, cosa che lascia un grande margine a prospettive tiranniche.
Inoltre l’India è il Paese che attualmente fa più gola alle Big Tech, con Facebook e Whatsapp che nella regione hanno più clienti che in qualsiasi altra nazione del pianeta. Improbabile quindi che Mark Zuckerberg voglia rischiare un'”azione nucleare” come quella portata avanti con l’Australia solo il mese scorso, per convincere Modi a cambiare rotta.
Potrebbe anche interessarti: