Gli scienziati lo confermano: esiste l'”affaticamento da Zoom”

Una recente ricerca analizza il “sovraccarico non verbale”, identificando come sia sviluppato l’affaticamento da Zoom.

In questo periodo di telelavoro e didattica a distanza le videoconferenze sono entrate a pieno regime nella nostra quotidianità, ma molti iniziano ad accusarne il colpo. Se anche voi vi sentite nauseati dall’essere bombardati da call di ogni genere, non disperate, è normale.

Il report pubblicato non solo conferma quello che un po’ tutti sospettavamo già, ovvero che l’uso intensivo di Zoom e omologhi sia alienante, ma approfondisce anche adeguatamente il perché di una simile alienazione.

Riassunta all’osso, la situazione di disagio sarebbe causata da un insieme di fattori: “il periodo eccessivo di contatto visivo diretto, il carico cognitivo, l’aumento del tempo dedicato all’autovalutazione collegato al fatto che ci si vede costantemente in video e la limitazione della mobilità fisica”.

L'”affaticamento da Zoom” è quindi insito nel sistema, quindi agli scienziati non è rimasto che ipotizzare delle strategie che sarebbero in grado di alleviare le conseguenze di un simile sovraccarico.

Partiamo dalla più semplice: minimizzare le finestre delle videoconferenze, così da notare meno il contatto visivo con gli altri utenti presenti nella stanza. Altrettanto utile sarebbe quindi il rimuovere dallo schermo la propria finestra video.

Per quanto riguarda la mobilità, l’immediato suggerimento è quello di allontanare il più possibile la camera di ripresa. Ampliando il frame, si ingigantisce infatti di conseguenza anche il possibile campo di movimento, anche se molti datori di lavoro potrebbero non tollerare un’inquadratura di così ampio respiro.

Ancor meno probabile è la soluzione finale per gestire l’affaticamento da Zoom: staccare dalla videoconferenza e allontanarsi per qualche minuto dallo schermo. Spegnere la webcam permette infatti di non subire le pressioni – consapevoli o inconsapevoli che siano – del sapersi costantemente in diretta, vulnerabili al giudizio di amici e colleghi.

I ricercatori suggeriscono che, sentendosi sotto analisi, tutti i gesti insignificanti che compiamo normalmente finiscano con l’assumere, nella rappresentazione distorta della nostra prospettiva introspettiva, delle proporzioni enormi, mortificandoci o mettendoci in dubbio.

In senso assoluto, l’ideale sarebbe cessare in blocco tutte le trasmissioni video, cosa che aiuterebbe anche a minimizzare le emissioni di gas serra, tuttavia è improbabile che questa sia effettivamente una strada percorribile. A meno che non si passi in masso su Clubhouse, ovviamente.

 

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Finally, give yourself some cognitive breaks by shutting down your camera for a while during meetings. “This is not simply you turning off your camera to take a break from having to be nonverbally active,” Vailenson said, “but also turning your body away from the screen so that for a few minutes you are not smothered with gestures that are perceptually realistic but socially meaningless.”

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