Facebook e l’Australia hanno un contenzioso aperto, per quanto riguarda gli organi di stampa. Ora il social compie la sua mossa.
Il social fondato da Mark Zuckerberg ha infatti annunciato che gli australiani non potranno più pubblicare o condividere notizie e pezzi giornalistici. Un atto di protesta che mira a contrastare le tendenze normative del Governo locale, il quale vorrebbe che la Big Tech retribuisse le testate da cui attinge le informazioni.
In questo campo, un accordo simile è stato raggiunto con la Francia, tuttavia Facebook pare non sia pronta a scendere a compromessi con l’Australia. Piuttosto decide di smantellare tutto.
Questo vuol dire ovviamente che le pagine delle testate non potranno più caricare i loro articoli sulla piattaforma social, ma anche che gli australiani non saranno in grado di visionare le news che provengono dalle altre parti del mondo.
In soldoni, Facebook sostiene che nel rapporto con la stampa, a guadagnarci siano proprio i news outlet, mentre la Big Tech non guadagnerebbe che briciole. Anzi, la visibilità concessa dal portale genererebbe alle testate introiti altrimenti irraggiungibili.
Da notare che Google abbia deciso di intraprendere una strada completamente diversa, mantenendo una posizione aperta nei confronti delle amministrazioni locali.
La discussione si è concentrata sulle aziende tecnologiche statunitensi e su come i loro servizi beneficino delle notizie. Pensiamo che molti si domanderanno come mai alcune piattaforme rispondano diversamente da noi.
La risposta è che le altre piattaforme hanno una tipologia di rapporto fondamentalmente diversa, con le news. Google è legata inestricabilmente con le notizie e gli editori non offrono i loro contenuti volontariamente.
D’altro canto, gli editori pubblicano su Facebook consapevolmente, cosa che permette loro di vendere più abbonamenti, di aumentare la loro audience e di far crescere il valore delle loro inserzioni,
riporta il comunicato.
Ora l’Australia si pone in un contesto unico, un’area del mondo in cui le testate collauderanno sulla propria pelle se la posizione di Facebook sia veritiera o se il giornalismo possa riuscire a salvarsi dal tracollo economico evadendo dalla superficialità dei social network.
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