«Le migliori frasi di Osho», nota pagina Facebook, é scomparsa per qualche ora, ma i timori di censura sono infondati.
Oggi, martedì 19 gennaio, la nota pagina satirica si é trovata oscurata per circa tre ore. Considerando che settimana scorsa Twitter ha, brevemente, sospeso l’account del quotidiano Libero, alcuni internauti hanno iniziato a pensare al peggio, ipotizzando una stretta di vite anche da parte dell’aziende digitali fondata da Mark Zukerberg.
A sedare gli animi é stato immediatamente il creatore della pagina, il vignettista romano Federico Palmaroli.
Sto aspettando notizie su quanto è successo, perché ancora non è molto chiaro, ma escluderei la censura, perché non ho fatto niente che possa essere censurato. Se avessi pubblicato una svastica, l’avrei capito, ma non c’è nulla di censurabile,
ha sostenuto l’autore sin dai primi attimi dello sventurato fraintendimento.
A seguito, si é scoperto che la pagina era stata rimossa a causa di una “segnalazione di violazione della proprietà intellettuale“, ovvero qualcuno si é lamentato con l’azienda perché Palmaroli fa uso commerciale del nome di Osho.
Non ci é voluto molto perché lo staff italiano di Facebook si rendesse conto che «Le migliori frasi di Osho» non avesse concretamente nulla a che vedere con l’omonimo mistico indiano, l’errore é stato quindi risolto.
Nonostante l’episodio si sia concluso pacificamente, l’occasione non ha mancato di destare le attenzioni del pubblico, dando a intendere che i social siano diventati ipersensibili a ogni forma di segnalazione e che abbiano iniziato ad adottare la politica del “sospendere subito ed eventualmente riparare poi”.
Nuovamente, Palmaroli rassicura la sua platea, sottolineando come questo genere di intoppi sia tutto sommato normale.
Capisco che tutti, dopo i fatti americani, pensino ad una censura, è normale pensare a quello. In realtà è successo a tante persone, e sapendo la mia collocazione ideologica non è proprio quella che piace ai più, viene spontaneo pensarlo, ma io lo escludo,
ha aggiunto ancor prima che Facebook rendesse note le motivazioni della sospensione.
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