Trovati in Tanzania dei reperti che dimostrano come gli uomini di due milioni di anni fa adoperavano gli utensili.

Uno dei punti di forza della specie umana é la sua alta adattabilità, un talento che ha preso forma soprattutto attraverso la creazione e all’uso di equipaggiamenti e di accessori. Un nuovo studio interdisciplinare pubblicato su Nature Communications sottolinea come questa abilità sia parte del nostro retaggio e il come fosse messa in atto sin dai primi passi dell’umanità.

Strumenti di pietra, ossa fossilizzate, valori chimici recuperati da denti e da materiali vegetali, pollini antichi, lapilli sono stati tutti analizzati per ricavare un profilo di come e di quando la Gola Olduvai, Tanzania, sia stata abitata dai nostri avi.

Nelle profondità di quelle che, di fatto, é un canyon, i ricercatori hanno trovato reperti di una cultura nota agli archeologi con il nome di “Oldowan“, epiteto che richiama a sua volta l’omonima tipologia di utensili creati attraverso la scheggiatura di pietre e minerali.

Le informazioni raccolte indicano come l’uomo avesse iniziato già 2 milioni di anni fa a interagire con l’ambiente in modi originali e unici, anche fosse attraverso il cambiamento della propria dieta, ovvero combinando pasti a base di piante con la carne delle prede locali.

Nonostante quell’area della Tanzania sia cambiata molto e molto velocemente, l’essere umano ha continuato a usarne continuamente le risorse naturali per almeno 200.000 anni, dimostrando grande talento nell’adeguarsi a contesti drasticamente differenti.

Non sono stati rinvenuti resti ominidi in prossimità degli strumenti, quindi non é possibile determinare con certezza a chi questi appartenessero, tuttavia il sospettato numero uno sembrerebbe essere l’Homo habilis, esseri con il genere Paranthropus i cui fossili sono densamente presenti nelle aree limitrofe.

 

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