La censura social di Trump alimenta gli sforzi dell’alt-America

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Donald Trump é stato ripudiato dai social mainstream, ma l’America “alt” é già pronta a concedergli tutto lo spazio digitale che vuole.

Il presidente uscente degli Stati Uniti é solito far sparate che renderebbero qualsiasi altro politico impresentabile, ma fino a questi giorni nessun’azienda e nessuna diplomazia avevano mai osato muoversi in contrasto alla sua tossicità.

Dopo che i supporter “trumpiani” hanno assaltato e occupato Capitol Hill, dopo che la sconfitta alle elezioni di Trump é stata formalmente riconosciuta dal Governo USA, contro il presidente hanno invece iniziato a sollevarsi le voci dei leader mondiali, ma anche quelle dei social network.

Facebook e Twitter hanno bloccato definitivamente i profili di Trump, YouTube gli ha rimosso i video, in generale vige un clima per cui le Big Tech si stanno “improvvisamente” rendendo conto sia necessario agire attivamente contro coloro che promuovono violenza e contrasto sociale.

Come fa notare Stefano Feltri, direttore del quotidiano Domani, ci sarebbe molto da discutere sulla situazione corrente della sfera pubblica, ma all’orizzonte si intravedono anche delle insidie ben più palpabili: quelle dei social alt-right che berciano a favore di Trump.

 

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Bisogna infatti ricordare che i sostenitori di Donald, che sono una buona fetta dell’intero Paese, hanno costruito una solida narrazione per cui il presidente uscente é costantemente bersaglio dei furenti attacchi delle Big Tech, Bigh Tech che vengono dipinte come mano armata delle sinistre estreme.

La censura di Trump da parte di Twitter e Facebook non ha fatto altro che fomentare queste teorie cospirazioniste, creando un effetto domino euristico per cui la concretizzazione di una paranoia finisce con il confermare per estensione anche tutte le altre.

I radicali si sono ulteriormente radicalizzati e la cosiddetta alt-America si sta incancrenendo in spazi telematici paralleli, spazi che ancora non sono soggetti alla costante sorveglianza dei Governi e dell’attenzione pubblica.

Prima della lista é Gab, realtà internettiana che imita sempre più il format a la Facebook e che si sta progressivamente adattando anche ai contenuti video. Molti dei suoi utenti erano presenti all’assalto di Capitol Hill e il fondatore del sito, Andrew Torba, ha già creato un account con cui accogliere Trump qualora decidesse di unirsi a loro.

Un’eventualità che dovrebbe essere ridicola, ma che coi tempi che corrono potrebbe anche avverarsi: Marjorie Greene, politica Repubblicana e sostenitrice dei complottisti di QAnon, é d’altronde stata eletta di fresco come rappresentante degli USA e lo stesso Trump “flirta” con l’alt-right definendo “patrioti” i riottosi che si sono mossi contro Joe Biden.

Molti considerano il presidente uscente come un uomo che ormai é rimasto solo, ma bisogna tenere da conto che quell’uomo non é che il portavoce di un movimento che continua a esistere e che, anzi, sta evolvendo a grande velocità.

 

 

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