Nanobrillamenti: probabilmente osservati per la prima volta

Nanobrillamento

A lungo teorizzati nessuno ha mai visto i nanobrillamenti della corona solare: forse ora sono stati finalmente osservati.

I nanobrillamenti,  in inglese nanoflare, sono delle piccole eruzioni solari che si verificano nell’atmosfera più esterna del Sole, la corona solare. I ricercatori dopo anni di ricerche potrebbero aver scoperto e osservato i nanobrillamenti che riscaldano la corona solare fino a farle raggiungere le sue incredibili temperature.

Lo studio pubblicato Nature Astronomy descrive la prima volta che i ricercatori hanno catturato l’intero ciclo di vita di un presunto nanobrillamento: dalle origini brillanti alla sua morte.

 

Eugene Parker li predisse per la prima volta nel 1972 per risolvere un grande mistero del riscaldamento coronale.

 

Quello che ha sempre interrogato gli scienziati è come la corona solare possa raggiungere temperature altissime, di milioni di gradi più alte degli strati sottostanti anche se è molto più lontano dal nucleo solare.

 

Sappiamo dalla teoria cosa dovremmo cercare, quale impronta digitale lascerebbe un nanobrillamento, ma sono difficili da osservare

ha detto Shah Bahauddin, Facoltà di ricerca presso il Laboratorio di fisica atmosferica e spaziale dell’Università del Colorado e autore principale dello studio.

Osservando una sezione piccolissima appena sotto la corona surriscaldata del Sole proprio Bahauddin ha visto un’esplosione e probabilmente potrebbe aver assistito al primo ciclo di un nanobrillamento solare: dal suo improvviso inizio luminoso alla sua inevitabile scomparsa.

Quello che è stato osservato con il Solar Dynamics Observatory della NASA è un’improvvisa luminosità e un altrettanto improvviso surriscaldamento della corona a temperature di svariati milioni di gradi.

Se questi cicli sottili e fugaci rendono l’atmosfera circostante un po’ più calda e sono frequenti potrebbe spiegare come la corona del Sole sia diventata centinaia di volte più calda della sua superficie visibile.

I nanobrillamenti sono un miliardo di volte più piccoli dei normali brillamenti solari e incredibilmente difficili da individuare.

 

Sono esistiti solo in teoria quindi i ricercatori sono ancora riluttanti a chiamare la scoperta con quel nome ufficiale.

 

Se davvero esistono, infatti, secondo le teorie dovrebbero essere quasi impossibili da vedere: si verificano milioni di volte al secondo senza che gli strumenti se ne accorgano.

Questa osservazione potrebbe essere solo un piccolo anello che potrebbe svelare il mistero, potrebbero esserci infatti più meccanismi ancora sconosciuti in gioco.

Altre teorie includono, ad esempio, le onde elettromagnetiche che si riversano verso l’esterno dal Sole, queste riscaldando le particelle spingendole nell’atmosfera esterna.

 

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